la Comunicazione di utilità sociale -Prof.Vittorio Marchi

Perugia 26/2/2005
Palazzo Cesaroni- Sala del Consiglio Regionale
Convegno “la Comunicazione di utilità sociale”

L’ ULTIMA REALTA’ DELLA COMUNICAZIONE
Relazione del Prof.Vittorio Marchi(docente di fisica”Università” La Sapienza” di Roma, socio fondatore del Mandir della Pace e rappresentato da G.Lavorgna , Pres. Mandir della Pace

Comunicazione. Ecco come recita il Dizionario della Lingua Italiana di G. Devoto e G.C. Oli: partecipazione, trasmissione effettuata per ragioni informative, organizzative, amministrative.
Segue un’ altra versione: contributo di un partecipante ad un congresso o ad un simposio culturale o accademico in forma di relazione “inviata o letta”.
Mi scuso, ma data l’ impossibilità della mia presenza in questo stimabile contesto, mi è gradito pensare, magari solo con l’ immaginazione, di potermi avvalere per un attimo di questa seconda interpretazione.
Viviamo tutti un momento importante della nostra storia umana, al centro della quale esiste un percorso straordinario che conduce all’ interazione telematica degli gli utenti.
Già da alcuni anni in tutti i settori della società civile si sono avviati ampi programmi di sviluppo, diretti non solo al potenziamento del sistema informativo, ma addirittura al ridisegno delle procedure di utilizzo di tecnologie innovative, della reingegnerizzazione e l’ evoluzione dei processi, diretti all’ evoluzione dei canali della comunicazione.

In genere gli obiettivi posti sono:
• rendere più funzionali e rapidamente accessibili i servizi già disponibili con sistemi evoluti di ricerca e di aggiornamento dell’ utenza;
• creare una piattaforma tecnologicamente adeguata allo sviluppo delle metodologie di interazione attraverso la Rete, strategiche per l’ ottimizzazione delle relazioni e delle comunicazioni con gli utenti.

La scelta tecnica della nostra cultura moderna – diretta all’ acquisizione della potenzialità telematica – si lega alla volontà di accelerare al massimo i tempi di collegamento e di navigazione in rete, con l’ obiettivo di realizzare al massimo grado il processo di integrazione della comune azione informativa, mediante una interconnessione applicativa tra tutti i soggetti interessati alla registrazione ed alla elaborazione dei dati.
Non c’ è dubbio che lo sviluppo di Internet, il progressivo ampliamento della banda di connessione, le nuove tecnologie di streaming, aprono nuovi eccitanti scenari, sia a livello di comunicazione, per la possibilità di interagire direttamente con il soggetto/utente, (ma soprattutto con il consumatore/utente), sia a livello produttivo, organizzativo e commerciale, per l’ opportunità di vendere e distribuire prodotti e servizi secondo modelli e servizi fondati sulla regola del profitto.
In effetti siamo tutti inventori di un futuro strabiliante, dove siamo tutti invitati a sfruttare le nuove potenzialità del satellite: la videoconferenza, il video catalogo, la WEB TV, la TV digitale, la stazione remota di comunicazione di massa, tipo Al-Jasira del Qatar, la formazione a distanza, l’intrattenimento e l’ erogazione di servizi di vario genere.
Nasce quindi la “comunicazione organizzativa”, definita come un insieme di creazione e di scambio e condivisione di informazioni tra i membri di una comunità mondiale che dovrebbero sentirsi tutti individui orientati al raggiungimento del cosiddetto “villaggio globale” .
In relazione allora a quanto detto sopra sugli obiettivi, ci si chiede a questo punto: quali sono allora i fini di questa comunicazione?
Risposta: l’intento principale dell’ interesse privato ad offrire soluzioni ottimali via etere, RADIO, TV, PC., INTERNET, utili ed economiche per far crescere il proprio business, oppure l’utilità della comunicazione organizzativa, strumento di Human Knowledge che aumenta il patrimonio cognitivo del genere umano?
Non ho mai conosciuto nessuno che non si sia pronunciato in favore di questa seconda opzione.
Ma allora ci si chiede: come mai, nonostante tanto diffuso sforzo tecnologico, legato al restyling di una coscienza affannosamente alla ricerca di una formula che gli consenta di tenere il passo con il cosiddetto progresso dei mezzi di comunicazione, il mondo che ci hanno illustrato i nostri esperti del management del know how come tanto più piccolo e tanto più intercomunicante di qualche secolo fa, soffre di una così diffusa sindrome di incomunicabilità?
Forse che la comunicabilità tecnologica è inversamente proporzionale alla incomunicabilità della natura umana?
Cos’ è che non funziona? Qual’ è la causa che determina i contrasti e le differenze irriducibili e quindi l’ incomunicabilità tra i mondi, ed in particolare tra le due parti del mondo, come l’ Oriente e l’ Occidente, continuamente alle prese con l’ impossibile riduzione di 22 conflitti mondiali, tutt’ ora in atto, e con 36 aree di crisi?
Possibile che qualche volta non ci assalga il dubbio che forse per cercare di potenziare al massimo lo sviluppo delle risorse tecnologiche abbiamo trascurato al massimo la cura che dovevamo mettere nel costruirci in parallelo codici comuni di pensiero trasmissibili?
Possibile che, mentre i governi del mondo e soprattutto delle grandi potenze investono somme gigantesche di danaro pubblico nel settore della ricerca tercnologica ( soprattutto per scopi militari ), non ci siamo ancora posti il problema di costruirci delle coordinate su cui basare delle certezze condivise ed una trasmissione del pensiero e della conoscenza da cui non si può universalmente prescindere per costruire il futuro di tratto di comune creazione e di comprensione?
L’ uomo di oggi è abituato a percepire soprattutto attraverso la comunicazione tecnologica.
Ma, questo è un limite contro cui si deve lottare.
Se continua così egli non rappresenta il mondo, ma solo se stesso, sopraffatto dal mito della propria tecnologia.
E questo è un grado di idealizzazione, persino di utopia, che è inconciliabile con il fine che egli intenderebbe raggiungere: una comunione totale, spirituale, armonica con tutti i suoi simili.
Ma come: noi, nazione che ci riteniamo facente parte dei cosiddetto novero dei paesi più sviluppati del mondo, sembriamo assuefatti all’ idea che ad una relativa incomunicabilità dobbiamo rassegnarci?
Incredibile.
Ma, allora a che cosa ci servono tutti i nostri potenti mezzi di comunicazione?
Ignoriamo lo scioglimento dei ghiacci del mondo ( 40% del polo Nord in 33 anni ), il processo di desertificazione e di deforestazione e il riscaldamento globale del pianeta causato dall’inquinamento delle emissioni di CO2 , responsabile dell’ effetto serra, il rallentamento ed il vicino blocco della Corrente del Golfo, pubblicati dalle riviste Science e Fortune.
Non conosciamo gli scenari degli imprevisti cambiamenti climatici, la minaccia di inverni polari.
Nessuno ci parla del parere di 20 Premi Nobel e di 1700 scienziati tra i migliori del mondo, facenti parte della Union of Concerned Scientists ( Unione degli Scienziati Preoccupati ), preoccupati dello scioglimento del Polo Sud, del distacco della Placca Larsen A, della Placca Larsen B e della minaccia di scivolamento nell’Oceano della Placca di Ross che comporterebbe la sommersione di diverse città costiere del mondo, per effetto dell’ innalzamento del livello degli oceani di ben 5 o 7 metri.
Non sappiamo che il senatore James Inhofe, consigliere del Environment and Public Works( dell’ Ambiente e dei Lavoro Pubblici ) si augura che il congresso degli USA respinga i profeti di sventura che spacciano propaganda, mascherata di scienza, in nome della salvazione del pianeta da un disastro catastrofico.
Tutti allarmi ingiustificati?
Intanto però in un rapporto del Pentagono si raccomanda che gli Stati Uniti si tengano pronti per motivi di sicurezza nazionale e incomincino a costruirsi un muro dell’ altezza di 13 metri intorno a tutto il paese, al confine con il Messico, per tenere fuori coloro che vorrebbero immigrare nel tentativo di sfuggire ai problemi climatici mondiali, già annunciati da 562 tornadi registrati nel solo mese di Maggio nel 2004, dagli uragani mai abbattutisi, a memoria d’ uomo, nel Sud America, sulle coste di Argentina ( Luglio 2004 ) e Brasile ( Marzo 2004 ).
E come hanno funzionato le comunicazioni per informare gli abitanti della terra che tali cambiamenti ambientali sono talmente imponenti che ben difficilmente la razza umana disporrà di tecnologie capaci di riportare tali cambiamenti alla normalità?
Semplice.
Con l’ oscurità dell’ informazione, con soluzioni comunicative del tipo simile a quelle che non hanno impedito la catastrofe prodotta dallo Tsunami nell’ area del Sud-Est asiatico.
Con discorsi che hanno cospicuamente inficiato la comprensione pubblica sul ruolo umano nel determinare le ragioni che hanno prodotto, stanno creando, e continueranno a causare questa immane distruzione della vita sulla terra.
Queste ragioni sono state annullate e completamente scavalcate. Emblematiche sono le decisioni dell’ umanità di erigere muri, anzichè costruire ponti per la comunicazione.
La verità è che alla fine del secolo appena trascorso ed ora all’ inizio di questo nuovo millennio l’ irrazionale della incomunicabilità tra esseri umani ha nettamente prevalso sull’ illusione della comunicabilità fornita dai mezzi tecnologici della comunicazione.
Qualcuno ha detto che la conoscenza è potere. E’ vero. Ed è esattamente quello che non si augura chi detiene il potere della coercizione e della forza ed esercita il dominio mondiale su chi è immerso nella illusione della ignoranza., usando lo strumento di comunicazione della disinformazione.
Esiste allora una sola possibilità perche’ nella storia delle comunicazioni e delle relazioni tra gli uomini si produca il miracolo e si rovesci questo perverso rapporto.
Ed è che nella loro esperienza di vita essi si elevino ad una coscienza di massa, ad un livello di società spirituale, in cui si capisca che non si può fare nulla di dannoso a nessuno o a nessuna cosa senza nuocere a se stessi. Perchè nulla negli esseri umani è mai stato “Altro” da se stessi, da quel TUTTO da cui essi si sentono illusoriamente separati ed in cui si considerano divisi.
Che non devono affannarsi e fare niente di più che rendersi conto che TUTTO E’ UNO e che quindi il loro presunto insieme è già tutto interamente collegato, non essendoci in esso alcuna separazione in “parti” da mettere in relazione. E che quindi esso è un sistema unico e non frazionato, che funziona di per sé, senza bisogno di connettersi o di disconnettersi con alcunché per funzionare.
Gli uomini devono solo “ri-membrare”, cioè tornare a ricordarsi di essere “membri” di questo Corpo o Sistema Unico.
Per questo è un po’ comico vederli in difficoltà quando, per mezzo di un telefonino non riescono a comunicare quando dicono che non c’ è CAMPO, senza sapere di negare l’ evidenza , cioè l’ esistenza di se stessi.
Perché il CAMPO sono loro. Perché loro e il CAMPO sono una cosa sola.
Il CAMPO infatti è tutto ciò che vive e tutto ciò che vive è vibrazione. Noi dobbiamo solo imparare a comprendere la vibrazione. Il fatto è che siamo poco allenati ad ascoltare le vibrazioni, perché siamo abituati ad affidarne l’ esercizio allo strumento.
Si tratta di allenare il nostro apparecchio rice-trasmittente ed allora incominceremo a sentire la vibrazione di tutto ciò che ci circonda, di ogni circostanza in cui ci troviamo ed in cui si trovano le altre persone.
Questo è ciò che la gente definisce “potere psichico”. Ed invece si tratta solamente di raccogliere la vibrazione trasmessa da qualsiasi cosa o da qualsiasi persona nell’ infinito Campo delle frequenze e delle lunghezze d’ onda.
Questo è tutto, ma non è affatto poco.
Perché se impariamo a raccogliere informazioni in questo modo, abbiamo a disposizione uno strumento potentissimo, la nostra coscienza, per dare forma alla nostra esperienza.
Gli strumenti a volte ci inviano troppi disturbi elettrostatici. La sintonia della nostra radio invece non ha eguali. Quando funziona non teme il disturbo di alcuna interferenza, che impedisca di avvertire una certa vibrazione o di capire cosa sta succedendo o cosa sia appropriato in quel preciso momento di una qualsiasi manifestazione della Realtà.
Essa rappresenta infatti l’ ULTIMA REALTA’ della comunicazione che andiamo cercando dappertutto meno che nel luogo dove essa si trova. Nell’ UNO o TOTALITA’ del CAMPO UNIFICATO che noi siamo e che noi non sappiamo di ESSERE

Vittorio Marchi

shantij

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