L’INSEGNAMENTO DEI VALORI UMANI nelle Scuole di sss BABA In India di Giovanni Tartara

Stiamo vivendo l’Era tecnologica in cui il Regno di Dio diventa il Regno dell’Uomo. Lo sviluppo delle scienze e della tecnica, la rivoluzione industriale e sociale diventano la contraffazione della Novità annunciata all’uomo come salvezza (Lc 2, 10): il Battesimo cristiano non ha più ragione d’esistere perché il peccato è stato cancellato, e invece la Tecnologia ha ragione di esistere, anzi di continuare, perché va considerata la ‘miracolosa’ salvezza dell’uomo: porta le ‘vaccinazioni’ che aumentano la difesa immunitarie, il ‘telefono’ che abolisce le distanze, la ‘televisione’ che rende partecipi sull’istante agli eventi del mondo, il ‘processo industriale’ che scopre nelle energie latenti del lavoro ricchezza e tempo libero, la ‘energia nucleare’ come unica fonte energetica senza emissione di carbonio (Burton Richter, Nobel per la Fisica nel 1976).

La Tecnologia può essere considerata il Deus ex machina come nella tragedia greca, quando la storia s’impigliava nella macchinosa complessità della psiche umana e i meccanismi facevano scendere dall’alto il dio della salvezza; può essere considerata il Vitello d’oro come nella follia del deserto, quando una massa di schiavi s’impegnava a diventare popolo per vie autonome, senza Dio. Il mondo moderno sedotto dal fascino della tecnologia contraffà l’annuncio della novità salvifica Cristiana. La ‘tecnologia’ applicata da Gesù fu di prendere su di sé il peccato e, morendo sulla croce, come scrive Paolo (Rm 6,4), cancellarlo. Dunque non c’è più peccato e, con lo svuotamento magico del peccato, non è più possibile prendere sul serio il male. L’attesa del ritorno è delusa dalla storia che decreta la ‘Sconfitta di Dio’ (4). L’uomo di oggi che vuol vivere la ‘novità’ tutta nel presente, senza scrupoli, sotto l’accelerazione della tecnologia, torna a ripetere che la salvezza viene dalla macchina, che il benessere e la felicità cui tutti aspirano ‘fin da principio’ viene dalla libertà, dalla ricchezza, dal vitello d’oro.

Sembra casuale che le scienze umane dopo aver caratterizzato l’uomo in base all’uso degli utensili (homo faber), all’uso del cervello (homo sapiens), al dominio del linguaggio (homo loquens), alla coscienza della morte (homo moriens), invece di tenerlo in tensione sul problema della vita lanciata nel futuro, lo richiudano in se stesso, lo ritornino all’homo faber, al tecnologo come in un ciclo di morte. Siamo, in effetti, in un’era nuova, l’Età dell’Acquario, che segna l’apertura delle menti a cose nuove per le quali fino a ieri l’uomo non ha saputo aprire gli occhi. In quest’avventura prende senso sia la presenza di sss Baba in mezzo all’umanità, sia il suo insegnamento come Maestro.

“Maestri, Studenti! Se l’uomo vuole progredire, se vuole raggiungere la salvezza ha bisogno di conoscenza e di austerità. La conoscenza che vi porterà più velocemente verso questa nuova Era è di due specie: quella relativa al mondo esterno, quella relativa al mondo interiore. La prima vi permette di guadagnare la vita, la seconda di capirne il significato. Mi chiederete quale sia la vera conoscenza. Vi rispondo che non si può chiamare vera conoscenza quella data col tipo d’educazione che ricevete oggi nella scuola e nelle università.

Quest’educazione vi aiuterà a vivere decorosamente, dallo spazzino fino al Primo Ministro, lavorando per vivere. Ci sarà differenza nella posizione e nel ceto, ma tutto ciò che faranno sarà connesso con il mondo materiale. La conoscenza di Dio porta invece l’uomo al suo vero traguardo finale” (1).

L’uomo occidentale, mal interpretando la rivelazione cristiana, ha perso di vista la sua natura di radice Divina, libera, imperfetta non perfezionata. Ciò che è imperfetto è la nostra capacità visiva, la nostra incapacità nel riconoscere la Verità. L’uomo ha la possibilità, anzi il dovere, di mirare alla perfezione di Dio. Non è una bestemmia. Non si tratta neppure di un’altra filosofia del ‘Super uomo’ alla Friedrich Nietzsche, ma piuttosto di una liberazione totale dalle debolezze e dalle scorie terrene che rende possibile l’Avvento del Regno. Solo dove non c’è niente, come il deserto, l’uomo può pensare a Dio. Questo il programma educativo di S.Baba (3)

COME SAI BABA INTENDE LA SCUOLA
In gran parte del mondo sono in atto processi di riforma e, talvolta, di radicale ripensamento dei sistemi educativi. Questo interrogarsi sulla scuola va ben oltre la riconsiderazione di alcune situazioni di fatto; suggerisce l’idea che oggi si sia offuscata la cognizione del valore, della funzione, della finalità della scuola. I giovani che erano arrivati a considerare la scuola come un male necessario, ora la subiscono come un male, e per giunta inutile, di fronte al quale è giusto ribellarsi. (2)

A quest’era tecnologica Sai Baba dà una risposta radicale. Gli scambi culturali e le rapide comunicazioni, che rendono evidente l’interdipendenza tra le persone, chiedono che l’uomo dimostri, sempre di più, di essere l’erede della ricchezza morale dell’intera umanità, rappresentata da quei valori che sono il denominatore comune di tutte le tradizioni religiose, culturali, etiche, filosofiche nel mondo. I valori di base sono: la verità, la rettitudine, l’amore, la pace, la non-violenza. Coltivarli significa gettare le fondamenta per la costruzione dell’uomo secondo le radici storiche: fisica (faber), intellettuale (sapiens), emotiva e psichica (loquens), spirituale (vivens/moriens).

È l’impegno della scuola impostata da sss Baba, per la formazione del carattere e della personalità della gioventù indiana. “L’educazione attuale mira a fare dello studente un capo di famiglia e un cittadino, non gli dà il segreto di una vita felice” (1). Con queste parole Sai Baba pone l’accento sul vero significato dell’educazione che è far giungere alla felicità. Ogni essere, a qualsiasi razza appartenga, qualunque fede professi, desidera essere felice. Ma la felicità non è, come può dire un pessimista, la cessazione di un dolore, il conseguimento di benessere materiale. La voce di Sai Baba dice che l’uomo ha in sé la beatitudine, e che il bisogno di felicità viene da un duplice stimolo: l’imprinting, il carattere, che riguarda la dimensione interiore, e l’expressing, l’amore, che è quella esteriore. Per questo l’uomo, dalla giovinezza alla vecchiaia, ha bisogno di educazione per capire che l’erudizione, la ricchezza, il potere, la condizione economica sociale elargiscono unicamente gioie, piaceri, glorie terrene. La felicità è il frutto dello sviluppo dell’interiorità. La formazione è richiamare tutti al proprio dovere, è insegnarci che la strada per la felicità non sarà giusta se non porta al rispetto, all’amore, alla coscienza del proprio dovere, attraverso la disciplina sui valori umani.
Sai Baba non crea quindi scuole ad esclusivo scopo religioso, ma per elevare tutti alla vita spirituale. L’istruzione è un’attività cui dedica tutto se stesso al punto di sentire i ragazzi come Sue creature da cui far rinascere il mondo. È venuto principalmente per loro che rappresentano il futuro. Si scriveva negli anni ’70: occorreranno alcuni anni prima che il suo compito venga attuato. Già allora l’Organizzazione contava più di 15.000 unità in 64 Paesi. I bambini fra i 5 e i 14 anni che frequentavano i Bal Vikas superavano i 40.000 e le maestre che si prendevano cura di loro erano 2.000. (3)

Non è però dell’Organizzazione che intendo parlare, (oggi sarà illustrata da un Documentario), piuttosto dello spirito che governa queste scuole. Il cambiamento che Sai Baba sta apportando potrà apparire ancora lento ma è profondo perché il suo aspetto sottile mira al Carattere della persona e all’Amore universale. Per la formazione poggia l’educazione su questi due aspetti fondamentali. Per la realizzazione insiste su due pratiche spirituali, la meditazione e la preghiera. Dirigono la mente lontano da pensieri futili, se non malvagi. Aiutano a implementare l’Amore nel carattere che, di per sé, non ha alcun valore se ne è privo. Basta riudire alcune parole rivolte da Sai Baba agli studenti dei suoi Colleges, collegati all’Università di Bangalore:

“La responsabilità di un radioso domani è vostra! La vostra permanenza qui non ha alcun senso se non mettete in pratica quanto avete appreso. L’obiettivo di questa educazione è di darvi la capacità di diventare indipendenti permettendovi di liberarvi da ogni schiavitù. Se l’uomo perde questa capacità di sacrificio e se dimentica il comportamento verso l’altro, l’educazione sarà completamente inutile. Sarà triste il destino della società fino a quando seguirà un ideale di prosperità economica e non di felicità della comunità. Ricordate! La disciplina e l’amore sono le cose più importanti”. Sai Baba, con insistenza, consiglia i suoi studenti di meditare sulle cose necessarie per raggiungere le tre supreme ‘S’ di Tennyson: Self reverence (Rispetto di sé), Self knowledge (Conoscenza di sé), Self control (Controllo di sé).

La scuola di Sai Baba rappresenta l’India di domani, il domani di tutti noi. Il fine della saggezza è la libertà, il fine della cultura è la perfezione, il fine della conoscenza è l’amore. Il sistema educativo mira ad una duplice trasformazione. Vuole addestrare l’individuo al processo di ‘autocultura’, capace di costruire una società basata sulla collaborazione e sull’amore. Quello che conta è il timbro morale con cui gli uomini la imprimono, guidati meno dalla ragione e più da una personalità in grado di rivelare l’anima umana, cioè lo spirituale che affiora con la sua eternità, e l’amore, unica lingua nella quale il divino può efficacemente socializzare con noi.

* la formazione del carattere
“L’istruzione odierna mira a far crescere in intelligenza, ma senza un briciolo di virtù e di carattere. A che serve tutta quella specializzazione e quella gran cultura se manca il carattere? Che valore avrà?” (1 a) Fine dell’educazione è il carattere: l’impronta che sulle monete dà valore. Esprime l’impegno a dar vita alla propria personalità, parola in cui è colata, come un tutto, la nozione di persona insieme con la forza che le è donata per costruirla. Esprime l’impegno a dare il volto all’uomo che dentro si agita per uscire allo scoperto e farsi individuare nel suo molteplice, e non sempre chiaro, apparire; con le doti di cui il Darma l’ha nutrito e lo propone al mondo che l’aspetta. (7)
Esprime la forza che fa uscire la mia vita dall’impasto caotico in cui mi fu data per dire alla fine che il ‘caos’ si è fatto ordine. Nel monologo scopro che una cosa è considerare la vita come dono in gestione, alle dipendenze di un padrone cui rendere conto, altra cosa considerare la vita come bene di proprietà singolare e sociale e valutarne il senso, la ricchezza, la potenza creativa. Nel primo caso penso un percorso che sfrutti al meglio le mie potenzialità e soddisfi chi me l’ha donata. Nel secondo capisco che la vita è un bene, pur complicato, contraddittorio, diviso, ma sempre un bene su cui compiere il miracolo della unificazione, la ‘transustanziazione’, passare dall’esistenza-ombra, all’esistenza-immagine, trascendendo nel carattere la significativa unità degli opposti, superando lo stato di dualità che continua a perseguitarmi, facendomi costruttore di pace, con purezza di pensiero, forza di volontà e con virtù.

La purezza del pensiero è indispensabile per snidare le apparenze. La forza della volontà è indispensabile nel lavoro, da iniziare con prontezza, da continuare con pazienza, da terminare con perseveranza. Il senso della virtù è indispensabile per dare consistenza alla figura dell’uomo che è in ognuno di noi e chiama di essere messo in luce per un mondo di domani, meglio di ieri, migliore di oggi.

Quando affermiamo che questo carattere deve essere formato, che con esso non si nasce, che esige un tirocinio lungo e snervante prima che la gente possa dire che ne siamo dotati, uccidiamo il carattere, creiamo dei surrogati, venduti vuoti, astratti. Il carattere non deve essere ‘formato’, deve essere manifestato. I tratti riconoscibili, le innumeri qualità che impegnavano al dover essere, quell’essere che la natura ci aveva dato in consegna, si sono dovuti trovare un’altra casa. ‘Sono finiti nell’inconscio del ventesimo secolo sotto forma di complessi associati a sindromi, o di sintomi autonomi liberamente fluttuanti. In anni più recenti si sono attaccati ai geni. La caduta dal cielo alla terra, la migrazione dal centro dell’universo alla periferia della terra, spiegano come il regresso del carattere da morale a filosofia passi per la psicoanalisi, dove l’Ego è la parola principe e la psicologia il luogo del suo esilio’. (6)

Sai Baba dice che, indubbiamente, s’incontrano disarmonie nel comportamento, soprattutto dei giovani, scattate dalla mente e dal corpo, a diversi livelli. A livello fisiologico, quando l’attività motoria è antagonista all’attività di pensiero, quando l’ansietà manifesta irritabilità, quando gli ormoni si sviluppano prima che la persona abbia stabilità mentale, quando la pubertà rende aggressivi fuori del controllo delle facoltà morali, quando la maturità ci fa perdere lo spirito d’infanzia. A livello emotivo, per le sensazioni di paura, di collera, di depressione che trasferiscono emozioni dalla mente al corpo, offuscando la percezione, indebolendo la memoria, alterando la spontaneità, rallentando i riflessi. A livello mentale, quando l’attività di pensiero eccede l’attività fisica, e la testa sui libri fa dimenticare i muscoli e il loro sviluppo, quando l’eccesso d’erudizione non aiuta ad affrontare le difficoltà della vita. A livello psichico, quando affiorano dall’inconscio problemi e disarmonie che possono essere risolti solo grazie alla dimensione spirituale. I rimedi per queste disarmonie che impediscono alla persona di dare il meglio di sé e di sviluppare integralmente la propria personalità, si trovano nell’educazione, nella corretta impostazione e applicazione dei Valori umani. Sai Baba, da buon Maestro, afferma: “i valori non possono essere imposti, formati dall’esterno, ma devono essere aiutati ad affiorare dall’interno della persona”.
Un bambino che abbia fatto l’esperienza diretta della calma interiore sa benissimo ciò che significa, molto più di cento discorsi sulla calma fatti dagli educatori, o dagli adulti. Grazie ai valori impara a conoscere se stesso, a non disperdere energie in sensi di colpa e autocommiserazione inutili, a considerare ogni situazione un’occasione per apprendere qualcosa di nuovo, ad assumere atteggiamenti positivi di fronte al mondo che cambia, a costruire il proprio carattere nel contesto di un mondo popolato di province, regni, città, e non di uomini, ma che attendono la sua rivelazione per esserlo.

Quest’attitudine aiuta a capire che i valori vengono da dentro e non provengono dall’esterno. Porta a scacciare le diavolerie che abbiamo radicate dentro per far posto al Regno di Dio (Mt 12, 28). Poi promuove il Regno di Dio che è dentro di noi (Lc 17, 21) e lo trasforma in regno vivibile dall’uomo. La venuta del regno, promesso ma lontano, non è la sconfitta di Dio. A renderlo lontano è la lentezza dell’uomo nel farlo apparire, perché il regno di Dio deve uscire dal cuore di ognuno. La giustizia, la pace, la libertà, l’amore sono le connotazioni per il regno dell’uomo, sono presenti nel suo cuore, si manifestano come la fame e come la sete, cioè come i bisogni urgenti della vita. È solo attraverso una perfetta armonia tra corpo, mente ed emozioni che raggiungiamo l’integrità morale e personale, utile al divenire della società. Aperto al mondo con le sue innumerevoli forme di partecipazione, l’uomo situa nel mondo il nucleo irriducibile della propria individualità, e tale partecipazione lo rende inseparabile da un processo di trasformazione della materia. (10 ) Questa vita piena di alti e bassi, di fuori e dentro la società, può diventare, per un uomo debole e rinunciatario, faticosa, ma per un uomo forte di carattere, fruttuosa come un seme.

* il senso e la forza dell’amore
È la virtù, nel doppio senso di capacità e forza, che aiuta ad espandere la coscienza in modo da influenzare positivamente il rapporto con gli altri, favorendo l’integrazione nella società e la traslazione efficace del patrimonio caratteriale. È indispensabile per rivelare il senso della giustizia, della non violenza, della tolleranza, dell’aiuto al prossimo, che sono la base della vita sociale e caratteristiche del regno dell’uomo.

Grazie a questo sublime equilibrio è possibile conseguire quello ‘stato di grazia’ tanto difficile da ottenere nella vita odierna che ha dimenticato la spiritualità, intesa però non nel senso religioso tradizionale, ma nel senso della tradizione mistica orientale che collega lo spirito al libero flusso delle energie cosmiche. (5 ) ‘Valore’ è tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Sono valori umani: la verità, la rettitudine, la pace, l’amore, la non-violenza, sono cinque fattori saturati da molte virtù.

L’onestà, il perdono, l’affetto, la tolleranza, l’umiltà ecc. sono virtù che danno senso alla vita e formano il fattore verità, valore base e punto di forza della società. L’obbedienza, il dovere, la pulizia, la puntualità, sono virtù descrittive della rettitudine, rappresentano l’amore per la giustizia, la giusta condotta, retta e flessibile. Nella vita di relazione, sotto forma di gentilezza, simpatia, amicizia, patriottismo, devozione, affetto, carità, pietà, empatia, umanità, misericordia, esiste il fattore dell’amore. La disciplina, l’autocontrollo, la concentrazione, l’integrità, l’armonia, sono l’amore del prossimo, che produce la pace. Radice della compassione, comprensione, altruismo, responsabilità, difesa, bontà, clemenza, indulgenza, protezione, è il fattore non-violenza.
Sono paradigmi applicabili universalmente, predicati da tutte le religioni, raccomandati da tutte le ideologie, proposti da tutte le società. La loro manifestazione in parole, in pensieri, in opere caratterizzano l’essere umano nel suo comportamento sociale. Coltivarli è la vera educazione alla civiltà, alla capacità di vivere insieme, che prende il dover essere di ognuno e lo vincola al dovere essere uno, come l’amore esige. Siamo aiutati dai tratti della personalità che troviamo legati ai cinque valori: a) l’aspetto fisico è relativo al corpo e alla azione, b) l’aspetto intellettuale è relativo all’intelligenza e all’intuito per scoprire la verità, c) l’aspetto emotivo riferito alla mente e alle sue qualità è per ottenere la pace, d) l’aspetto psichico, è il centro dal quale s’irradia l’energia che è l’amore in tutti i suoi aspetti, dal più basso (l’attaccamento), al più elevato (l’amore universale), e) l’aspetto spirituale, è la perfezione latente dell’uomo che si esprime nella non-violenza, sia nel pensiero, sia nella parola, sia nell’azione.

Sono percorsi che conducono all’armonizzazione dei vari aspetti della personalità umana e al suo sviluppo integrato. Con l’azione giusta si mantiene il corpo sano e possiamo trascorrere la vita con profitto e intima soddisfazione. Con la verità si sviluppa l’intelligenza e si ottiene la conoscenza del mondo fisico e, mediante l’intuizione, di quello metafisico. Con la pace si equilibrano le emozioni. Con l’amore si espande l’energia potenziale. Con la non–violenza si manifesta lo spirito che è nell’uomo.

Sono dotazioni. “Vi è diversità nei doni ma vi è un solo spirito; vi è diversità di compiti ma vi è un solo spirito; vi è diversità di azioni ma un solo soffio opera in tutte; vi è diversità di manifestazione ma sono tutte per il bene comune. Tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo spirito che distribuisce i suoi doni in particolare, nel modo che vuole… Come il corpo ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di noi. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui… Voi aspirate ardentemente a doni maggiori. Ora vi mostrerò una via, che è la via dell’eccellenza: l’amore. L’amore è pazienza, benevolenza, dolcezza; non ha invida, non ha vanagloria, non ha arroganza; non cerca il proprio interesse, non si arrabbia, non sospetta il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità, soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa… Conosciamo ‘solo in parte’, ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito… Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo ho smesso le cose da bambino… Tre cose durano: fede, speranza e amore; ma la più grande di esse è l’amore.”

Sono pensieri di Paolo alla prima comunità di Corinto (1Cor 12), divisa e partigiana: chi era del Messia, chi di Apollo, chi di Pietro, chi di Paolo; parole in un mondo pagano votato al declino, in un’era nuova aperta al ‘Regno che viene’.

Mi sembrano echeggiare i pensieri di Baba, nel momento della sua missione, in un mondo che ancora attende la venuta del ‘Regno’ al quale dà, con solenne sicurezza, un nuovo cielo: “C’è una sola casta, la casta dell’umanità; c’è un solo linguaggio, il linguaggio del cuore; c’è un solo Dio, il Dio di tutti; c’è una sola religione, la religione dell’Amore”
I VALORI UMANI, PERFEZIONE DELLA VITA
Nasce una domanda: “Rispetto a ciò che realmente dobbiamo essere, a che punto siamo?” Questa diffusa sindrome riguarda non tanto la metà dell’arco della vita, quanto la crisi dominante della vita; non tanto il fatto di diventare vecchio, quanto il fatto di essere ancora troppo giovane, nel senso di immaturo; ci angoscia non tanto la perdita delle illusioni, quanto la perdita delle capacità; vogliamo essere capaci di andare incontro ad una vecchiaia serena, sazia di anni e di risposte, ignoto il momento. Ciò che la ‘natura umana’ vuol sapere circa la natura umana non è quale catena evolutiva conduca dalle più remote origini all’adesso immediato e al futuro. Noi vogliamo capire che senso ha l’avere degli anni, quale valore passarli invecchiando; non certo per dare anni alla vita, ma vita agli anni. Una crisi che presto o tardi coinvolge tutti.

Sai Baba ci fa da Maestro non solo nella gioventù ma in tutti i momenti della vita. “L’educazione è per la vita, la vita è per l’amore, l’amore è per l’uomo, l’uomo è per la spiritualità, la spiritualità è per la scienza, la scienza è per i sensi”. (1) Guardando in modo critico il prolungamento sentimentale dell’adolescenza, scopriamo che è proprio la proiezione dell’adolescenza a impedirci di ‘essere’ nel mezzo della nostra vita. Le risposte che troviamo a metà della vita riflettono più che altro le nostre paure, per l’incapacità o insufficienza di costruire tempestivamente risposte consistenti agli interrogativi della vita. La nostra realtà di esseri viventi e pensanti precede le nostre spiegazioni su come viviamo e pensiamo. Sai Baba ci educa ad un approccio psicologico alla vecchiaia che, dovendo saper rispondere sul senso della vita, e sul come viverla, deve rispettare la sua impostazione. L’istruzione intesa nel senso di vera educazione lascia nei soggetti profonde virtù: una buona razionalità, il senso della verità, la devozione di chi crede, la disciplina e il senso del dovere di chi ama.

La scuola di sss Baba insiste sull’educazione ai Valori umani, a quei Valori umani basici che unici danno senso a tutta la vita, fin dai primi anni d’età. Il programma della nostra vita non è di superare gli altri, ma noi stessi. L’educazione guida all’invecchiamento, l’invecchiamento che svela il carattere (6). Se l’idea dell’anima (anche se non riusciamo a spiegarcela) ha il primo posto nella nostra scala di valori, le idee dovrebbero essere in accordo con il nostro sistema di valori e scoprirne l’anima.(5)

“Studenti, fin dall’inizio concentratevi sullo studio e sviluppate buone abitudini e disciplina, in modo da poter trarre il massimo vantaggio dalle opportunità che vi sono offerte dall’università. I docenti non compiano il loro dovere per un semplice fine remunerativo, e gli studenti non considerino i loro studi esclusivamente come mezzi per procurarsi una posizione nella vita. L’istruzione deve rendere autonomi e deve preparare ad affrontare le sfide della vita. Muniti di fede in Dio, e conducendo una vita all’insegna della rettitudine, dovete trasformarvi in autentici cittadini dell’India. La disciplina e le regole che osservate ora nell’istituto vi saranno di vantaggio per tutta la vita. Preparatevi a servire la società e attiratevi la grazia di Dio, giacché essa è ls più grande benedizione fra tutti i successi che si possono conseguire nel mondo” (Prashanti Nilayan, 16 giugno 1983), Inaugurazione dell’Anno Accademico, Auditorium S.S.Sai Institute of the Higher Learning) (8)

Ecco un florilegio di pensieri di sss Baba sul senso dei valori umani. (9)
* LA VERITÀ
È il primo e fondamentale principio della vita. Senza verità la vita non può essere, la verità è il respiro stesso delle creature. Principio non definibile a parole, ma sperimentabile in pratica. Si suole affermare che esistono due tipi di verità:

– Una verità è percepibile con i cinque sensi, è quella che noi vediamo, tocchiamo, ascoltiamo, sentiamo e gustiamo. È oggettiva, la sua oggettività dipende dai sensi. Non è permanente, muta con la mutabilità e le condizioni dei sensi. È ciò che definiamo vero. Un esempio è dato dal nostro corpo il quale nasce, cresce, declina e muore, e perciò non è permanente, anzi sperimentalmente variabile.

– Un’altra verità è percepibile con il cuore, è quella che percepiamo non con i sensi e i loro organi, ma percepiamo nell’interiore homine, là dove risiedono i nostri sentimenti. È soggettiva, è permanente e immutabile, non è toccata dal passaggio del tempo. Un esempio è dato dal concetto di umanità cui si ricollegano tutti i principi che sostengono la vita: la giustizia, la moralità, la compassione, l’umiltà, la tolleranza, le persone. Rappresentano i componenti della verità e risiedono in permanenza nell’uomo, essendo necessari alla sua perfezione, al suo compimento. L’umanità dell’uomo è la sua verità. È dunque dal cuore che nasce la verità, dal cuore, dove passa ogni processo formativo.

La verità abita nel cuore dell’uomo. ‘Chi conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che abita in lui?’ (1 Co 2, 11). Gli occhi vedono, ma ciò che vedono è apparenza; gli orecchi odono, ma ciò che odono è suono. La verità è sotto velo, come i colori nella luce, come il pensiero nel suono, come la parola nel contrasto del chiaro / scuro della stampa. Interessi, affetti ed emozioni sono spesso la maschera del cuore.

La verità non è mai una formula astratta o il finale di un ragionamento logico. È un’esperienza vitale, un incontro con il senso profondo delle cose; le formule, momento attivo del nostro lobo destro, vengono dopo. Il senso delle cose è come le ho vissute, come dovevo viverle. Quindi la verità è chiusa in me; ha le sue ore, le conosce e le attende, a differenza di qualche impaziente paladino. Non è merce che vada fuori corso o si svilisca; bisogna lasciarle il tempo di gettare le sue radici, e prendere luce. La verità è come mi sono realizzato, come ho rispettato la formula ‘uomo’ che è dentro di me e che attende i miei sforzi per divenirlo. È dono gratuito di Dio. Lo si riceve, conserva e annuncia, soffrendo, lavorando su di sé; non è appannaggio né del genio, né delle istituzioni. Lo Spirito è verità, colta con la Meditazione e la Preghiera. Il cuore puro è il miglior specchio per rifletterla, e tutte le discipline spirituali mirano alla sua purificazione. (1 d) [ 6-7 Febbraio ]

– Falso e menzogna portano sofferenza e miseria
Il falso e la menzogna sono il contrario della verità. Il loro scopo non si fonda sull’amore, ma sull’egoismo e sul desiderio di fare del male a qualcuno. Sono contrari alla natura umana e con essi l’uomo degrada se stesso a livello inferiore, del subumano, tradendo la sua genuina origine o la sua partecipazione allo stato della società nel suo livello corrente. Una volta conosciuta la verità si scoprirà la nostra interdipendenza con tutto e tutti, perché la nostra verità è una con quella di ciascuno, e realizza il principio della fratellanza umana che in quel momento storico viviamo.
* LA RETTA AZIONE
È la verità in azione, la rettitudine. Questo principio fa parte della natura umana ed è un mezzo essenziale per progredire, per continuare la vita. Non esiste una distinzione tra una opposizione alla natura da una parte (Tecnica) e dall’altra un’opposizione alla morte (Mitica). Non vi sono due distinte origini del divenire, espressioni di virtualità umane, una razionale, reale; l’altra mitica, fantastica, assillata dalla coscienza. Le credenze riguardanti la morte sono, ad esempio, soltanto aberrazioni fantastiche nate dalla stupidità dello spirito delle origini; si tratta in realtà di un unico processo che produce utensili e miti abbarbicati al mondo biologico e destinati a superarlo. Tutte queste cose sono nate dalla terra, originate dalla vita, concepite dall’uomo reale (10).

Anche Swami gioca sovente sulle parole inglesi “skill” (abile, esperto, pratico) e “to kill” (uccidere, eliminare). “Lo studente si deve consacrare ai cinque valori e dedicare alla loro pratica con azione appropriata, quella di coltivare le virtù. Oggi invece si serve dell’istruzione per accumulare del sapere, cioè per rafforzare l’intelletto, la razionalità; ma quello studio è avulso dalla pratica del crescere. L’intelligenza diventa ben più vasta quand’è sostenuta da un’esperienza ‘abile’. Ma quanti, anziché accendere in sé un’intelligenza ‘operativa’, la spengono (1 c). Così l’energia psichica, il potere della mente sparisce. (Swami suggerisce al traduttore A. Kumar una correzione: Non “sparisce”, ma “è venuta meno”, “è completamente svanita”). Ciò significa che si è ridotta la sua capacità intuitiva. I ragazzi e le ragazze si fanno condizionare da atteggiamenti esteriori, trascinati da azioni superficiali. La prima cosa di cui aver cura è invece la conoscenza pratica, attiva, operativa, costruttiva; con questa base si potrà dare sviluppo ed espressione al potere latente della mente. In questo modo, e solo in questo modo, ci può essere un perfetto sviluppo nella vita umana; cosa che invece manca all’uomo odierno, che ha totalmente perduto il senso della singolarità e della umanità”.

Dietro ad ogni azione c’è un pensiero. Quando il pensiero è collegato al desiderio, e da esso ispirato, l’azione non sarà retta, ma essenzialmente egoistica e quindi contraria alla vera natura dell’uomo. Se il pensiero è prodotto da volontà sostenuta dalla verità, allora avremo l’azione giusta. Con tale azione l’uomo eleva la sua singolarità e con l’esempio partecipa alla elevazione della società in cui vive. Quindi la vera ricchezza dell’uomo è il suo comportamento retto, in sintonia con le leggi dell’Universo basate sulla verità, in sintonia con la Coscienza Universale. Lo costata anche Paolo di Tarso: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio, è utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla rettitudine, perché l’uomo s’incastri bene in Dio e ne venga fuori attraverso ogni retta azione”. Ciò scrisse l’Apostolo a Timoteo, suo figlio spirituale, quando gli spedì la seconda lettera pastorale.(2 Tim 3, 16). Sono idee che da un lato ispirano l’organizzazione del culto nelle sinagoghe, ma dall’altro permettono al discepolo l’evoluzione e il progresso in una fede viva che viene dall’ascoltare l’infusione e l’effusione dello spirito, per una condotta retta. Ogni segno scritto, in tutti i libri sacri, parla con la propria voce, dice quel dice, ma sotto ha di più. Non è un insieme di eterni principi universali approvati e definiti ex cathedra, da avere sempre presenti e da praticare se toccano l’etica. È una parola rivolta a me, nell’infinita ricchezza delle sue interpretazioni. Ha la dimensione aggiunta dello spirito che mi parla, che comincia ad essere presente per me, quando l’afferro o, meglio, quando ne sono afferrato, e portato ad agire. A distanza di secoli i pensieri di Paolo e di Baba s’innestano.
– Tempo e luogo per la rettitudine
L’azione giusta si svolge secondo tempi, modi e luoghi giusti. È connessa con il ruolo e lo stato sociale di ciascun individuo. Ad esempio, il padre di famiglia dovrà comportarsi in un certo modo secondo l’etica corrente; il soldato dovrà eseguire gli ordini dei superiori; lo studente dovrà conformare il suo operato al suo stato, dedicarsi interamente allo studio, fare felici i genitori e soddisfatta la società. Quando lo studente si occupa di cose estranee al suo stato e non compie l’azione giusta, perderà il suo tempo e rappresenterà una disarmonia nel quadro della società in cui vive. Se ciascuno, secondo il proprio ruolo, compisse il proprio dovere, l’armonia, la pace, la prosperità non verrebbero meno. Quando l’uomo non vuole compiere il proprio dovere, ma invadere i campi riservati ad altri, degradando se stesso, seguendo i capricci della mente che è il centro dei desideri più disparati, senza discriminazione né intelligenza, allora una società, che dovrebbe essere civile e progredita, diviene peggio di una giungla, che è il regno degli animali. Ancora lì; quindi regressione.

* LA PACE
Asatho maa sad gamaya … Thamaso maa jiotir gamaya… Mirthior maa amrtham gamaya…‘ È il mantra della pace, il passaggio dall’irreale al reale, dall’oscurità alla luce, dalla morte all’immortalità. La pace è ragione e scopo di ogni impegno umano. È il fine e la ragione di tutti gli sforzi umani. Ogni azione giusta (o sbagliata), ogni pensiero buono (o cattivo), ha come scopo ultimo il raggiungimento della pace, almeno la propria, anche se non è corretto. L’essere umano, come tutti i corpi celesti, cerca la pace come il proprio vero stato di quiete; l’ordinaria condizione in cui viviamo, identificati con il nostro ego, limitato e trascinato da passione e desideri, è solo un sogno. La coscienza desta, prigioniera della dualità e del molteplice, è propria quella che è più lontana dal percepire la realtà. I nostri bhajan terminano sempre con la strofa Lokâ samastâh sukhino bhavantu, “Possa il mondo intero essere in pace, vicino alla propria natura di ‘Brahman’” Tutti devono essere felici. Dopo tutto, che gusto c’è nell’esser felici se gli altri non lo sono? (1 c). Nel ‘Fior di loto’ come proposto da Sai Baba, la pace è il terzo valore umano, anche se di per sé i valori sono una circolarità, senza inizio e senza fine.

– Da che cosa dipende la pace?
Dipende dalle emozioni buone o cattive, che risiedono nella nostra mente e che, se non equilibrate e controllate, producono lo stato di agitazione e quindi la perdita della pace che è il suo stato naturale. Se noi fossimo in un luogo e nella nostra città scoppiasse un incendio, e se nessuno ci rendesse consci di quanto sta accadendo, vivremmo in pace, ma una volta che la notizia ci raggiunge incominciamo a preoccuparci e ad agitarci. Perdiamo la nostra pace. Tutto dipende dal nostro stato emotivo che non siamo in grado di controllare per mancanza di elementi capaci di frenare i nostri impulsi. La pace è ‘abbandonarsi’ alla situazione. Come ottenere questa capacità? Se conoscessimo noi stessi a fondo riusciremmo a capire le nostre reazioni e a controllarle. L’equilibrio perfetto di fronte agli avvenimenti e alle circostanze si ottiene riconoscendo la caducità della vita. Una tale maturità è possibile solo quando uno segue la verità, quando vive nella verità e si comporta secondo verità. In quella maturità comprende che tutto esiste in lui, che la sorgente di tutto è in lui e non fuori di lui. Se affronterà tutte le situazioni con coraggio, in perfetto stato di abbandono, allora è in pace.
* L’AMORE
È il quarto valore. Parlando come sempre per immagine, sss Baba dice: “La verità è l’elettricità che attraversa il filo della rettitudine per arrivare dentro la lampadina della pace e accendere la luce dell’amore”. Per avere sempre più amore, occorre incominciare dai primi due valori: la verità e la rettitudine. Satyam bruyât, priyam bruyât; na bruyât satyam, apriyam: “Dite il vero, ma ditelo affabilmente. Non dite delle verità che causino dolore”. L’esortazione viene dalle Scritture che suggeriscono di non dire mai menzogne, ma sempre la verità; e non dire mai verità che provochino danni o sofferenze. “Dire la verità” (satyam bruyât), è un valore etico; “Dire la verità in modo affabile” (priyam bruyât), è un valore dharmico; “Non dire verità che diano dispiaceri” (na bruyât satyam apriyam), è un valore spirituale. (1 c). La verità è dunque il comune denominatore dei valori umani. L’amore è l’elemento che li penetra tutti. Infatti, l’amore nelle parole è verità, nelle azioni è rettitudine, nei sentimenti è la pace, l’amore verso tutto e verso tutti è la non-violenza.

L’amore è dunque il legame che tiene insieme tutta l’umanità; in unità, come il filo le perle di una collana. La sua circolazione alimenta tutti i valori umani e crea l’armonia, l’elevazione spirituale della pace. Senza la pratica dell’amore l’uomo incontra numerose difficoltà nella vita; con l’amore è in grado di superarle tutte. La sorgente da cui nasce l’amore è la psiche o l’anima, ed è il vero potere di cui è dotato ciascun uomo; lo manifesta quando è senza egoismo, l’egoismo è assenza di amore. Quando in un Paese domina l’egoismo, manca l’amore, e la società è destinata ad autodistruggersi, come ogni organismo vivente quando manca la comunicazione.

Se invece l’amore è manifesto, l’intuizione rivela l’unità sottesa all’apparente diversità, quindi l’interdipendenza di ciascuno con gli altri. Allora è l’espansione, cioè lo sviluppo che, in questo senso, rappresenta l’irruzione del cosmo nell’uomo, la interpreta come risultato di una creazione d’avventure ed eventi propriamente suoi, ne fa la caratteristica di crescita, senza limiti. Se voglio indicarne uno, questo limite è Dio: l’ESSERE, l’IO SONO COLUI CHE SONO, capace di tenermi al limite dell’Elohim, come canta, in contemplazione, Davide, il re (Ps 8, 5); dove il cuore trova la sua quiete, come confessa Agostino di Tagaste, quando invoca il ‘giorno senza sera’(11).

L’amore dunque sarebbe il limite cui tende ‘tutto’ il mio essere: il cuore per gli affetti, la mente per la conoscenza, la forza per la giustizia, la comunità per la pace. Questa epistrofe, continuando, sfida il limite come nella poesia la rima sfida il pensiero, costringendolo verso la luce. L’amore è un limite che rinnega se stesso: vuole affetto senza limite, conoscenza senza soglia, giustizia senza termine e pace senza tregua.

L’amore dunque tende a prendere il tutto (cuore, mente, forza, ogni cosa dentro, ogni cosa fuori); scava fino al nulla (l’io che svuota se stesso senza limite). L’amore è l’intero che prende l’intero, dice Sai Baba. In fondo l’amore per Dio è richiesto con tutto, tranne che con la testa. I raggi del sole servono a far maturare tutti i semi, così i raggi dell’amore sono per il pieno sviluppo dell’essere umano. L’attimo che tutto tiene nella relazione di amore diventa eterno, sancisce e santifica il legame con l’infinito. Nell’amore le braccia aperte prendono l’infinito, lo traducono quando si stringono in un abbraccio. Così anche il corpo, da eretto, quando umilmente s’inchina.
– L’amore ha molti aspetti
Quello più puro è che non chiede nulla in cambio, quindi non è inquinato da nessun tipo di egoismo, è vero altruismo, vero ‘umanitarismo’, un sentimento di umana solidarietà. L’amore è consapevolezza di essere tutti fratelli nella verità, consapevolezza che le differenze sono solo superficiali, anche se necessarie, e che nella solidarietà allietano la vita, perché spingono l’uomo verso la compassione, la tolleranza e l’umiltà. L’amore è energia, non un’emozione che scaturisca da un desiderio materiale, ma una forza, la più potente che esista nell’universo. L’amore è espansione; per riceverlo è necessario darlo, cresce solo quando viene dato agli altri. L’espansione all’infinito dell’amore è la vera dote specifica dell’essere umano. Tenuto per se stessi, non condiviso o ripartito, l’amore diventa energia spenta, non potrà mai manifestarsi, come se l’interruttore fosse staccato; diventa energia sterile, non potrà mai espandersi, è come l’acqua stagnante che produce solo batteri e diventa inquinante.

La creazione stessa è un atto d’amore e tutto ciò che esiste nella natura e nell’universo non può essere altro che della stessa natura del suo Creatore, l’Amore che si dà nelle infinite forme del visibile e dell’invisibile. “Per cominciare, il discepolo deve praticare la sua disciplina facendo riferimento all’aspetto di Dio che ha una Forma. Ciò gli darà concentrazione; poi potrà immergere la mente nell’Assoluto Senza-forma” (1 d ) [13 Agosto]. E immergersi è ‘diventare’, come la goccia nella sconfinata realtà del mare.

“Incarnazioni del Divino Amore, studenti e studentesse, il risultato dell’amore è il sacrificio. L’amore non conosce odio, penetra ogni anfratto dell’immenso Universo e può perfino avvicinarvi una persona lontanissima. È l’amore che fa convergere l’umanità nella divinità. Meraviglioso! Un essere umano, dalle caratteristiche bestiali, che mediante l’amore può essere trasformato in un essere divino! Tuttavia, ci sono svariate direzioni che l’amore può prendere: si ama la madre, il padre, i fratelli, gli yogi, i monaci questuanti; si ama chi ha rinunciato a tutto e chi sacrifica la propria vita. Ma in tutti questi amori c’è sempre una traccia di egoismo. Soltanto l’amore di Dio è assolutamente scevro da egoismo. A questo tipo d’amore bisogna dirigere il pensiero, la riflessione, la contemplazione, l’imitazione con spirito di abbandono” (1 e)

* LA NON–VIOLENZA
È lo zenit delle conquiste umane. La non-violenza è il segno che si è raggiunta la perfezione; è l’amore universale che abbraccia tutto e tutti. La non-violenza è il segno caratteristico dell’uomo spirituale che ha raggiunto l’apice dell’evoluzione umana, lo scopo della vita. A questo stadio l’uomo sperimenta l’unità di tutta la creazione. È consapevole dei suoi obblighi e dei suoi doveri verso ogni più piccola creatura nell’universo creato. La non-violenza verso gli uomini vuol dire non ferire alcuno con pensieri, parole ed azioni; la non-violenza verso le piante e gli animali significa evitare ogni azione che violi le leggi della natura, o l’equilibrio nella natura.

– Espressioni della non-violenza
La non-violenza esprime se stessa nella pratica quotidiana dell’osservanza delle cinque regole seguenti: Non sprecare denaro, Non sprecare tempo, Non sprecare energie, Non sprecare cibo, Non sprecare la conoscenza
Il denaro
È un mezzo per vivere materialmente la vita, è uno strumento per gli scambi che facilita la circolazione dei beni. Non è un male in sé, ma lo diventa quando è utilizzato male o sprecato, perché si snatura la sua vera funzione. Per non sprecare denaro bisogna avere un concetto della vita molto elevato, sia della propria, sia dell’altrui. Il denaro è stato in ogni tempo un mezzo anche per corrompere i cuori e le menti. Si crede che la ricchezza di un Paese consista nella ricchezza materiale che si accumula senza osservare alcuna norma etica, ma il suo uso senza moralità è dannoso: perché crea squilibri fra chi dà e chi riceve; perché il denaro guadagnato con mezzi disonesti non potrà avere che destinazioni disoneste. Se invece è considerato come il vero indicatore dell’umano sforzo per permettere lo svolgimento retto e pacifico della vita dell’individuo e della comunità, allora è sacro, ‘tinto di sangue’, e di lacrime, degno di religioso rispetto.

Il tempo
È l’elemento che scandisce la costruzione della vita e della storia. Ogni uomo dispone di un determinato periodo di tempo, che è l’arco della propria vita, da impiegare utilmente. Ogni evento trova la sua collocazione nel tempo come momento per manifestarsi. Sprecare tempo significa sprecare la vita, perdere la storia. Accettare la freccia del tempo è pensare ad una continuità senza ritorno; pensare alla ciclicità del tempo è accettare il graduale deflettere l’ambiente verso le grandi manifestazioni delle civiltà; rifiutare la freccia e la ciclicità del tempo vuol dire vincere il dilemma della dualità della forma, riconoscerne i limiti e ammettere che il tempo passa e inganna. Se capisco l’effimero è come entrare nell’eterno. Il mio ESSERE non ha il tempo. Invece il corpo, limitato e finito, che ha un certo peso, un colorito, una forma, è supporto della mia infermità, sente del tempo la brevità, quando prendono passione e interesse, ne sente l’insopportabile durata quando giungono la contraddizione del dolore, la solitudine, o l’abbandono nelle infermità. Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Ma è anche il modo con cui l’eterno si rende presente (Ps 8,6). Se considero la breve durata della vita, sommersa nell’eternità che la precede e in quella che la segue, mi spavento e stupisco di trovarmi nell’oggi piuttosto che nel domani, se non per la ragione di migliorarmi; di trovarmi qui piuttosto che in un altro luogo, se non per costruirmi nel tempo, attraverso la schiavitù dell’epifania formale. Capirlo e usarlo bene vuol dire non fargli violenza

L’energia
L’energia che il nostro corpo possiede, e che ci consente di vivere, è data dalla trasformazione del cibo che ingeriamo, dall’aria che respiriamo, uniche sorgenti di energia vitale. Non c’è solo l’energia per la vita, ma anche quella per l’opera, derivata dallo sfruttamento di vari elementi in natura, usata in vari modi, leciti, anche illeciti. Occorre conoscere e meditare in modo appropriato sul valore di azione giusta per essere sicuri di non sprecare questa forma di energia. Serve per lo svolgimento di attività produttive e sociali; sprecarla significa privarne altri. La società contemporanea fondata sul consumismo è una società essenzialmente violenta perché lascia spazio a desideri futili per rispondere ad esigenze labili. Accettandone lo spirito noi sprechiamo le nostre energie, e i nostri soldi che le simboleggiano. È un tipo di violenza sul piano individuale e sociale. Esiste infine un altro tipo d’energia, quella spirituale. Questa è fonte inesauribile di contatti interiori con gli elementi della natura; siamo in grado di ascoltarli e, seguendoli, di percorrere la via della perfezione.
Il cibo
Il cibo è la causa prima dell’energia che ci permette di fare l’esperienza della vita. È stato detto che ogni essere vivente ha diritto di mangiare almeno una volta il giorno. Sprecare il cibo vuol dire non permettere che avvenga la condizione per garantire quel diritto a tutti. (Luter King) Chi spreca il cibo, o ne consuma eccessivamente, è responsabile verso chi non ha nemmeno un pasto giornaliero. Tutti siamo responsabili della fame nel mondo quando sprechiamo il cibo senza curarci delle conseguenze che ne derivano. Impedire la vita in tal modo è la più grave delle violenze.

La conoscenza
Anche la conoscenza ottenuta attraverso l’educazione, e l’esperienza, se sprecata in inutili o illecite azioni, rappresenta violenza a se stessi e alla società. La scienza che non tenga conto dell’uomo è inutile e dannosa. La tecnologia, figlia della scienza, se non è al servizio dell’uomo e dei suoi veri valori è spreco e pericolo. Anche la conoscenza spirituale che nasce dall’esperienza mistica dev’essere condivisa con gli altri, altrimenti è sprecata. Bisogna mettere a disposizione del prossimo la propria conoscenza per permettere a ciascun individuo di espandere la personalità e di capire la propria vita. Questa è non-violenza! La conoscenza tenuta per se stessi o condivisa con una ristretta cerchia di amici o intellettuali sarà solo sterile. L’uomo deve poter pagare il debito di gratitudine verso i saggi e i santi del passato distribuendo al maggior numero possibile di persone la conoscenza ottenuta grazie alle loro esperienze. Tenerla per sé o disconoscerla è un grave atto di violenza a se stessi e alla società.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI EDUCATORI
Senza negare in alcun modo l’esistenza di forze tendenti alla stabilità, ho la convinzione che nella società ci sono oggi mutamenti più rapidi, più profondi, più complessi, più penetranti di quanto non siano mai stati in passato. Vi sono forze libere che si spingono assai più lontano del movimento sindacale, o del movimento giovanile, o di quello femminile, o di quello educativo, nel produrre dei mutamenti che portano dalla ‘divisione’ alla condivisione, dalla ‘produzione’ alla distribuzione.

Nel mondo c’è un diffuso ateismo che lascia molti, soli e ribelli, senza Dio. Il cuore non trova più appoggio per essere corrisposto; l’impegno per scelte autonome spaventa; il dubbio trascina in uno stato d’indeterminatezza: non si sa più che uccidere è male; nel cuore è sparito il rimorso: lì dentro tutto diventa lecito, quasi che il coraggio per decidere manchi, o manchino le forze per reggere un impegno e per riconoscere nell’altro un fratello da aiutare, sempre da amare; riconciliati, assai più che perdonati.

Manca lo spirito dell’uomo, da ricostruire, se non addirittura da risuscitare; da rieducare, se non addirittura da rigenerare; da insegnare, se non addirittura da rifondare nella scuola stessa. Questo interrogarsi sullo sganciamento dal mondo del lavoro, sul distacco dal mondo della famiglia, sull’ignoranza dei valori economici, sull’insensibilità al mondo dell’etica, denuncia la crisi profonda nella Scuola intesa come esamificio per l’eccellenza nella società. Ma c’è anche la crisi nella Famiglia ridotta a palestra del sesso, nello Stato interpretato come l’arte di carpire la libertà dei cittadini, nella Chiesa trasformata in momento di visibilità e rito anziché di rinnovamento dello spirito.
Da dove incominciare? La ‘Famiglia’ deve riprendere il suo ruolo di dimostrare che Dio non è ancora stanco degli uomini. Lo ‘Stato’ deve dimostrare che la voce del popolo è la voce di Dio e, se la parola democrazia risulta equivoca per lo scempio che ne vien fatto, provare la demarchia pur che ne conservi lo spirito e la forza, libera da false autorità. La ‘Chiesa’ deve dimostrare la verità dell’IO SONO COLUI CHE SONO e aiutare l’uomo a divenirlo perché è giunto il tempo di adorare Dio in spirito e verità. (Gv 4, 23). Allora il punto di partenza è la ‘scuola’: deve dimostrare di essere luogo di avvio alle abilità, abitudini, interessi, che portano l’uomo alla sua realizzazione totale; essere organo di formazione e sviluppo alla vita, lontana da indottrinamenti mentali, distorti sul piano dell’azione; essere momento d’iniziazione alla libertà che vuol dire corretto uso del discernimento, del distacco, della ricerca, del timore di sbagliare.

Coloro che si occupano dell’educazione devono prendere coscienza del tesoro rappresentato dai bambini, e del bisogno improrogabile d’un riconoscimento sociale di questa realtà. Ogni giovane ha in nuce la stessa potenzialità insita nell’intero universo, va coltivata e non soffocata, come talvolta si fa per ignoranza o per pigrizia.

Il primo grande principio per gli educatori consiste nel superare i propri difetti, le proprie debolezze e i propri errori; evitare gli scandali né palesare spirito di competizione. Una volta che tale atteggiamento è assunto, l’insegnamento diviene ‘Ricerca del vero’. L’insegnamento che dipende esclusivamente dalla purezza del pensiero e dà luce alla mente facilitandone l’apertura, diviene ‘Ricerca della verità’. Tutti i mali del sistema educativo attuale nascono dal fatto che vogliamo guidare i bambini sul giusto cammino mentre noi adulti non lo percorriamo. Coloro che educano devono proporsi come esempio e non vantarsi di essere superiori in quanto professori. La pratica dell’umiltà e il senso del dovere sono quindi indispensabili se si vuol insegnare. L’insegnante deve imporsi l’impegno di capire il senso dei ‘valori umani’ e ispirarne l’applicazione pratica grazie all’esempio, compiendo il proprio dovere senza egoismo né timore, vivendo nella verità e nella giustizia.

Questo principio basico dei valori umani, garantisce successo alla professione e formazione agli allievi; il compito dell’insegnante è di farlo capire. La gente pensa che i valori umani siano da apprendere solo con l’esempio e che perciò non occorra né insegnarli né farne materia di studio. Se valori e moralità si dovessero apprendere indipendentemente dall’insegnamento, sarebbero già ‘vissuti’ da tempo e il mondo vivrebbe moralmente sano. Sarebbero stati sufficienti gli esempi e l’insegnamento dei grandi Maestri delle religioni. Invece ciò non è successo, perché i valori non devono essere ‘appresi’ ma ‘assimilati’, compito esclusivo dell’educazione. Affinché i valori scaturiscano in modo naturale dal linguaggio dei bambini e dalla loro personalità, occorre che i valori siano ‘assimilati’ e ‘applicati’. Non è reale pensare di essere presenti in ogni circostanza della loro vita, la difesa e l’applicazione è garantita dagli insegnanti che avranno saputo comunicarli e farli applicare senza la loro presenza.

La moralità, come qualsiasi valore umano, non può essere considerata come una materia d’insegnamento, quale la storia, la geografia e la matematica. Queste fanno parte dell’istruzione, sono messe nella mente e vissute come nozioni. Quella fa parte dell’educazione, messa nel comportamento e vissuta come attività.
I valori vanno estratti, resi manifesti dall’educazione, che significa tirar fuori, portare alla luce. Non sono una lista di cose da fare ogni tanto, come fosse una lista della spesa; sono virtù da osservare, nel doppio senso della parola: ‘vedere’ come gli altri le rispettano (esempio), ‘applicarle’ come si vuole che gli altri lo facciano a noi (comportamento). Ciò si ottiene sviluppando l’autocontrollo: Posso far questo? Lascio stare? Rimango indifferente? Che cosa suggerisce il cuore? Il pensiero determinerà l’azione, la ragione arriverà a scoprire le alternative, la coscienza a valutarle, la consapevolezza a decidere l’azione. Processo lungo ma corretto.

L’educazione ha il compito di giungere a questo, attraverso metodi appropriati; ad esempio: l’istruzione morale diretta, cioè con un tempo preciso a ciò dedicato; la tanto discussa e criticata ora di religione, oggetto di dispute politiche e accademiche, potrebbe essere questo momento. L’approccio casuale, cioè il ritardo in classe può rappresentare un’occasione per insegnare il valore della disciplina; la rissa in classe può essere un motivo per suggerire il perdono; la coda alla mensa può suggerire il senso del rispetto. L’approccio integrato, cioè rendere la vita della scuola interamente morale, il che non significa mettere i valori in tutte le materie come fosse la morale di una favola, ma mettere un legame tra le materie insegnate, le situazioni incontrate e le circostanze della vita vissuta, con i simboli passati nella vita, come la bilancia, la logica, lo sforzo…

LA MISSIONE EDUCATIVA DI SAI BABA
È naturale chiedersi se non vi sia un modo più giusto di formare i giovani alla vita, e se non sarebbe più utile per tutti che la scuola si occupasse della coscienza dei ragazzi anziché farne degli arrivisti ad ogni costo. La risposta c’è, e non è teorica. UNO è venuto ad educare, e a mostrarci che nessuna scuola risponde al suo scopo se vede nella persona da educare soltanto un corpo e una mente da riempire, trascurando di farle prendere coscienza della propria vera identità, del proprio Sé reale, imperituro.

Sai Baba è venuto a ‘rivoluzionare’ l’educazione; non a modificarla ma a cambiare il sistema. Egli insegna a vivere secondo i valori dell’anima, influendo su questi valori mediante l’invisibile realtà dello Spirito che opera dall’interno di ogni persona e di ogni cosa. È il vero Maestro. Gli studenti delle sue tante scuole non hanno bisogno di sentire le sue parole, essi vivono dei suoi pensieri, poiché fra Sai Baba e loro è quasi completamente annullato l’inganno dello spazio e del tempo. Solo il veicolo dell’anima mette istantaneamente tutti e tutto in comunione nella realtà spirituale del Continuo Infinito Presente. Ciò succede quando si accende la luce dello spirito.

Il Maestro da imitare è sss. Baba, l’Avatar dell’era nuova dell’Acquario. La scuola, la formazione spirituale che Lui propone dimostrano che il nostro sviluppo senza sosta non basta e che quel supplemento d’anima che cerchiamo, inconsciamente magari, può venire da là, dal suo cuore. Sai Ram!

Giovanni Tartara

ASSISI Mandir della pace 14 Settembre 2002

RIFERIMENTI

(1) a) Sai’s Message – Education and Teaching Human Values, 20 Novembre 1993

b) “Divine Message On Human Values”, 13 Gennaio 1992

c) “Consolidamento del Programma di Educazione ai Valori Umani”
Prashanti Nilayam, 25 Settembre 2000.

d) Diario spirituale Un pensiero al giorno di sss Baba

e) Brindâvan, Sai Ramesh Hall, 25 maggio 2000, Corso Estivo 2000

(2) Qualificare per rinnovare – Nova Spes Int. Foundation, Roma 4 Luglio 2001

(3) Milena Kunz Bijno, La Missione educativa di Sai Baba, Bresci TORINO, N° 24

(4) Sergio Quinzio La sconfitta di Dio, Adelphi 283, 1992

(5) La spiritualità del corpo – A. Lowen, Ubaldini Roma, 1990

(6) La forza del carattere – J. Hillman, Adelphi 396 Milano, 1999

(7) Пαιδεία και Нθος – sss Baba, Atena Bangalore, 1996

(8) Sathya Sai Speaks – Vol. XVI D83- XIII pag. 78 [22]

(9) Insegnare i Valori umani, Editrice Persona, Milano 1987

(10) Edgar Morin, L’uomo e la morte, Biblioteca Meltemi, Roma 2002

(11) Agostino Confessioni , Editrice La Scuola (Libro XIII)

shantij

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