”La spiritualita’ oltre l’icona”Relazione di Umberto Pettinicchio

Assisi 11/13 settembre 2001
Meeting L’Oriente incontra l’Occidente – Insieme per la Pace

Sono 35 anni che mi dibatto nell’arte sperimentale. Il mio dibattere aveva una pulsazione interna, interna al mio cosiddetto Io. Oggi dopo vari viaggi e permanenze nell’ashram di Sri Sathya Sai Baba riconosco per intero le questioni inerenti a una qualsiasi espressione, dentro e fuori il codice dell’arte.
Sai Baba, il mio maestro, dice: ”
Voi siete legati a una corda, e nell’ambito di questa corda, voi siete liberi. Oltre questo non potete andare.Inoltre dice: L’Io come una cipolla. Sfogliando foglia dopo foglia non ci rimane niente
pur vero che nel gioco della diversità c’e’il limite del dire e del fare. Una mia riflessione sulle tante possibilità di intervento rispetto a possibili strade della scienza, dell’analisi … insomma per dirla con Ramana Maharshi l’uomo strutturato dualisticamente. E quando si parla di Dio non si puo’comprendere. Possiamo dire Dio luce, ma solo perche’c’e’ l’ombra e c’e’la luce. Dio in realtà, pur percorrendo qualsiasi icona, fuori da ogni indicazione. Maestri come Krishnamurti ci dicono:” La mente, anche quando edifica una cattedrale, immonda. In
realtà è la mente che mente”.
Arriviamo al nostro amato Socrate, nella sua citazione
‘’Io so di non sapere’’
Nella Baghadavad Gita, citando la battaglia del Mahabarata, c’e’un bellissimo dialogo tra Krishna e Arjuna. Krishna dice: Guarda Arjuna..c’e’un passero.Arjuna alza gli occhi e vede il passero. Poi insiste Krishna: Guarda bene Arjuna.. una colomba.Arjuna guarda e vede una colomba. Guarda meglio Arjuna; un falco”. Arjuna osserva meglio, in effetti un falco. Il dialogo va avanti e il volatile muta continuamente.
Tutte queste citazioni mi sono servite per creare un cappello che serve come introduzione alla mostra sulla spiritualita’ nell arte fuori dall icona. Il punto d’appoggio di una qualsiasi possibilità di individuazione importantissimo. Bisogna mettersi nel punto per osservare l’opera dell’artista, dove si e’messo lui. Per lo piu’il visitatore che osserva un opera, essendo già noi “forma e pensiero” facciamo entrare sul nostro punto d’appoggio l’icona dell’altro, accettando solo alcuni materiali e scartandone altri, sentenziando il giudizio in quanto l’altro non entra per intero nell’icona propria.
Qui cito un filosofo francese, di cui non ricordo il nome.
‘’Io non condivido quasi niente di quello che dici perche’ combatterò perche’ tu sia libero di dirlo’’in una sua citazione dichiarava: L’arte una forma di meditazione”. Quindi tutte le opere presenti in questa meravigliosa mostra altro non sono che delle preghiere. Ho riflettuto parecchio sulla bellezza della Gioconda di Leonardo. Se voi la osservate e questo appare a tutti, abbiamo due espressioni che si compongono sulla stessa icona: di solito per emettere un espressione tutto il nostro corpo si muove in quella direzione, per creare un altra espressione ci occorre un tempo diverso. Questi due tempi, la tristezza e il sorriso, che puntualizzano la nostra
Dualità sono caratterizzati nello stesso momento. Ci crea uno spiazzamento. E’ come se noi non potessimo afferrare tutte e due le cose assieme. Da qui la percezione di quella straordinaria bellezza. Se osserviamo gli Espressionisti …. esasperano l’espressività dell’immagine quasi volessero dirci di non accettare questo limite, creando “un urlo” come se dicessero non puo’essere tutto qui.
Ancora se osserviamo il concettuale Duchamp …. lui ci parla dello spostamento, ma tutta l’arte in effetti ci parla di questo, in tante lingue. Quando Duchamp prende uno scolabottiglie di uso comune e lo introduce in un museo, l’oggetto si trasforma per l’impatto con un luogo cosi’ inusitato dalla sua storia di essere uno scolabottiglie. E come dire: permettiamoci di lasciare le nostre sedi, relativizzando l’attaccamento alla propria riconoscibilità territoriale.
Sai Baba dice: “di informazione ce ne’fin troppa. Voi fate fatica a trasformarvi , una questione, ancora piu’ relativa. Viaggiando, osservando i territori fuori dal contesto uomo. Per esempio, andate a Toledo e osservate il cielo di Toledo, l’atmosfera e l’energia di quel luogo; poi andate ad osservare le opere di El Greco. Ho fatto fatica a pensare chi fosse stato a dipingere quelle opere, se l’energia territoriale oppure l’uomo El Greco.
Se andate nel paese nativo di Cezanne osserverete che i monti sono sezionati… come la pittura di Cezanne. La stessa impressione l’ho ricevuta a Urbino. Ho visto Raffaello… nella
Spazialità di una strana fisicità del luogo… il pensiero di Raffaello. A Madrid osservavo i giovani, il modo in cui comunicavano tra loro creando una geometria come per una danza. Venendo da SantAnder in direzione Bilbao piano piano i colori diventano drammatici e si ha la sensazione di scendere in una grande buca. Lo sport di quel paese consiste nel sollevamento di pesi. Lo scultore riconosciuto dal popolo basco si chiama Cillida, e le sue opere consistono in enormi massi agganciati e sollevati. Se noi osserviamo il linguaggio del popolo basco questo ci continua a dire: “Noi siamo baschi, non siamo spagnoli
Il linguaggio poetico invece ci comunica: “Noi vogliamo uscire da questo nostro essere baschi.Per dirla alla Francis Bacon … l’urlo di quest’uomo nella sua gabbia … cio’in quella fissità dove l’io legato e dove l’essere non si riconosce. Perche’ noi non siamo il corpo, siamo incarnazione dello spirito, cioe’ a dire siamo Dio.

Umberto Pettinicchio:
Le orchestre dei poeti scrivono musica per il tuo amore
Gli occhi dei musici si colorano sulle dita dei pittori
mentre il cuore accarezza una piccola fiammella di silenzio.

shantij

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