Arte e Spiritualita’:oltre l’iconografia per una cultura di Pace di Francesca Spedicato

V Meeting “L”Oriente incontra l”Occidente: l”Unità nella diversità oltre le frontiere delle apparenze”

Assisi, 11-14 settembre 2002

“Arte e Spiritualità: oltre l”iconografia, per una cultura di pace”

“Arte e Spiritualità” in relazione al tema della pace e del perdono, richiama una riflessione interrogante: in una cultura come la nostra, dove lungo i secoli, l”arte è stata in gran parte ad “uso”della religione da cui ha tratto, a piene mani, temi, immagini e percorsi, qual è il senso distintivo della relazione arte-spiritualità? Diamo per scontato l”estremo impegno necessario ad inoltrarsi sul terreno degli approfondimenti intorno a sacro, religioso, spirituale; qui tenteremo soltanto di costeggiare l”altrettanto impegnativo e inesaustivo percorso intorno all”arte.

Parlare di arte è – per usare un immagine di Origene – come affidarsi con un piccolo legno ad un oceano dai tanti misteri. Sicuri che i fondali dell”oceano – arte e i tanti misteri ad essa connessi rimarranno sempre insondabili, accogliamo una prima zattera di soccorso nella voce dell”artista Otto Herbert Hajek che così apre l’Esposizione del Dentscherkunstlerbund a Stoccarda nel 1979: “è nostra intenzione dimostrare che l”arte può contribuire alla realizzazione della pace per l”uomo; che lavorare nell”arte significa lavorare nella pace, che essa serve a familiarizzare gli uomini tra loro; che l”arte partecipa nel mondo a ciò che costituisce l”uomo” . Tale enunciato chiamava in causa sia gli specialisti su “ciò che costituisce l’uomo”, sia teorici e praticanti di arte. Tutti a dibattere sulla crisi, la funzione, la vita o la morte della stessa arte dopo il presunto esaurimento delle avanguardie del primo novecento.

La relazione tenuta dal teologo Hans Kung su “arte e problema di senso” all”interno della suddetta Esposizione ci offre ancora una prospettiva illuminata ed illuminante sul senso e la funzione dell”arte: Nell”età dei mass media l”arte figurativa non ha certamente più lo stesso valore di informazione … s”addice ad essa un valore di orientamento e di vita … il suo particolare servizio all”uomo consiste nel rappresentare sensibilmente, senza cattiva consolazione e falsa consacrazione, ciò che ancora non esiste, il modo in cui potrebbe essere e l”uomo e la società.

Il teologo esprime autentica fiducia nella funzione dell”arte: “io credo in una nuova arte viva al servizio di una nuova arte del vivere … io sono convinto che anche oggi l”arte, l”opera d’arte, può essere un grande simbolo.”

L”arte come simbolo ci riporta alle origini, dentro i grandiosi monumenti viventi che sono i testi sacri delle grandi religioni e in quelli laici della cultura da Oriente ad Occidente: Il Simbolo, con la sua forza unificatrice, con la sua sfida verso l”espressione dell”ineffabile, con la sua ricostruzione armonica di tutti i fili del reticolo dell”essere, è per eccellenza il grande strumento estetico… Privato del simbolo, l”uomo si frantuma nella dispersione dì analisi frammentarie. Le tessere del mosaico dell”essere si sgretolano in piccoli cumuli dotati di sensi modesti. La Bibbia, i Veda, la Bagavangita, sono le creazioni artistiche che hanno nutrito l arte di tutti i tempi sotto ogni cielo; la Bibbia in particolare si auto presenta come prodotto artistico … la creazione (del mondo) viene interpretata secondo una analogia ludica ed “estetica” … Lo stesso Michelangelo nella creazione della Cappella Sistina introduce un giovane che rappresenta la Mente creatrice di Dio che si diverte nell immenso atelier della creazione.” E indubbìo che gli episodi dei testi religiosi siano stati saccheggiati come oggetto di rappresentazione artistica e ci hanno indotto a identificare la spiritualità dell arte con la religiosità. Ma sappiamo bene quanto, invece, molto spesso, siamo stati avvolti o travolti dal senso del sacro di fronte ad opere che intenzionalmente volevano celebrare il trionfo della laicità e del profano, mentre nessun afflato mistico e nessuna tensione spirituale ci sono stati offerti da opere religiose. Il titolo della rassegna Arte e Spiritualità ci induce alla riflessione sul distinguo, ci obbliga a guardare l arte con occhi diversi nel tentativo dì cercare dove veramente ci sia autentica tensione spirituale, dove ci sia quel faticoso ponte che l artista si attiva ad edificare tra il suo universo personale e quello umano, fisico, divino. In questo tentativo non ci basta più il “piccolo legno” di cui parla Origene e ricorriamo a robuste imbarcazioni anche ben equipaggiato. Ci vengono incontro, sul palcoscenico della memoria storica e delle “affinità elettive”, sopratutto nomi, volti, opere di quanti si adoperarono nella ri-definizione e ri-collocazione idealistico spirituale dell arte all indomani dei trionfi “materialistici di scienze ed arti con cui il secolo XIX si era chiuso. Primi fra tutti Goethe e Kandinskj. L artista russo, nel Cavaliere azzurro (Almanacco 1912), raccoglie da sponde lontane e molto diverse le testimonianze dell arte densa di tensione spirituale: dipinti primitivi orientali, sculture africane, mosaici bizantini, avori medioevali. Ma è nella sua pittura e nella stesura de Io Spirituale nell Arte” che egli annuncia la fede e la concreta possibilità di un arte nuova coincidente con la nascita di una nuova epoca, quella dello spirito. L intensìtà del suo credo rese quest opera il manifesto non di una corrente ma di una generazione ” … nel libro rimane una tensione profetica, drammatica e felice”. La tensione profetica di cui parla Elena Pontiggia, curatrice dell opera, è in relazione alla funzione che Kandinskj assegna all arte ” … l arte non è una questione dì elementi formali, ma di un desiderio interiore che determina prepotentemente la forma… l uomo parla all uomo del sovrumano: questo è il linguaggio dell arte”. Così si esprime l artista nella presentazione della seconda mostra tenuta dalla Nuova Associazione Monacense del 1909. Nel suo entusiasmo e nelle tesi, come nelle opere di altri artisti, tra cui Wagner, Skrjabin, Schonberg, Rimbaud, Delacroix, sembrava debellato per sempre l’ estetizzante concetto dell art pour l art. In particolare Kandinskj si richiama al progetto di una grammatica del colore formulato da Goethe, ma è consapevole che qualunque dogma o codice dell estetica apporterebbe solo limitazione all orizzonte dì infinite possibilità cui apre la ricerca nella pratica pittorica e in qualunque pratica artistica, giacché essa è strumento fondamentale e privilegiato del cammino spirituale. E proprio nel metterci a parte del suo cammino e della sua personale ricerca che l artista nello “Spirituale nell Arte” esprime una forte carica lirica, così come nella sua opera pittorica ci offre la magia del colore, come rivelazione dì un altrove e metafora di un mistero. Nella Postfazione all opera suddetta la Pontigia sembra voler improvvisamente far calare a picco la visione ottimistica dell Autore l Epoca della grande spiritualità di cui parlava Kandinskj non è mai iniziata … stermini e distruzioni hanno segnato il secolo.Non possiamo contraddirla per quanto riguarda stermini e distruzioni, né per il mancato avvento dell epoca della spiritualità tout court. Possiamo però affermare quanto l auspicio, la fede e l impegno dell artista russo abbiano continuato a scorrere nelle falde superficiali e profonde di altre personalità a partire da quelle a lui più vicine come Rudolf Steiner “Se l umanità intende salvarsi dalla non spiritualità, uno degli elementi sarà l occuparsi dell arte. “(10) Senza addentrarsi nello specifico del sistema filosofico di Steiner, l Antroposofia, è necessario rilevare quanto, per lui, sia determinante il ruolo dell arte nella relazione materia-spirito “ogni aspetto della creazione artistica, che nel vero senso merita questo nome, cì mostra nell opera d arte la lotta umana per un accordo, un armonia fra la sfera spirituale-dívina e quella fisico-terrena. Quando nell artista non traspare questa lotta, non è presente un vero impulso artistico. La fede in un arte spirituale è comune a quanti, come Winchelmann e Goethe si sono adoperati a rivalutare la spiritualità laica dell età classica, pregna degli archetipi, dei sentimenti, delle lotte, delle aspirazioni degli uomini di tutti i tempi e civiltà. Steiner applica la sua concezione spiritualistica all arte e alla pedagogia a quella specifica dell età evolutiva e a quella permanente di ogni età; la pratica artistica viene considerata un vero cammino di ricerca, di conoscenza, di evoluzione psicologica e spirituale, sia che la sì realizzi nelle scuole Waldorf da lui fondate, sia nella relazione privata maestro-allievo. La funzione educativa e spirituale dell arte era, secondo Steiner, già presente nelle culture primitive e nei misteri antichi; ciò non toglie che egli consideri importante e necessaria la cultura materialistica, sia come tappa evolutiva degli individui che delle civiltà, non vale storcere la bocca di fronte al mondo materiale, ma avere invece la motivazione di vario ordine. A noi piace azzardare l ipotesi che, alla base della attrazione verso questo ombelico o terzo chakra, ci sia il motto stesso dell Ordine francescano” Pace e Bene” che impregna perfino le pietre di questa città. Ci piace pensare che un altra motivazione risalga agli strumenti che Francesco ha usato per realizzare il Bene e la Pace; si è servito della sua “follia”, cioè della utopia di progetti impossibili e poi realizzati; non a caso un convegno promosso dalla Pro Civitate Cristiana aveva come titolo” Francesco, un matto da slegare”. E noi crediamo che se la pace vera stenta a realizzarsi, è perché in molti luoghi e in molti cuori “quel matto” è ancora legato: non si osa il suo esempio, non si osano percorsi e progetti che scuotano dalle fondamenta i sistemi di potere di ogni tipo. Se non si tiene in conto questo Francesco “matto”, ancor meno si dà credito al Francesco artista quale artefice di spiritualità e di pace. E lui invece un compendio e un simbolo di quanto, maldestramente, si è tentato di dire fin qui sulla relazione arte spiritualità, attraverso la voce e l opera d alcuni artisti dello spirito. Francesco ha praticato poesia, musica, canto, recitazione; ognuna, come creazione dello spirito e del cuore era rivolta allo spirito e al cuore. Ogni sua creatura artistica è un dono che lui sa di aver ricevuto ed è un dono che offre; Egli ama ,sente fortissimamente il desiderio di dar vita ad altre preziose creature quelle dell arte; vive tutto ciò come un dono ricevuto -Per/dono- e per/dono lo offre a tutti. Da Francesco, al nostro più grande poeta vivente, Mario Luzi, al servizio e anche il privilegio della poesia è ricomporre l armonia del mondo. Oggi gli uomini vivono all interno di una grande malattia degenerativa, perciò la parola può richiamarli al Vero ininterrotto, restituendo l uomo all uomo.Nell attingere alle profondità del Sè, alla sorgente non si può non toccare L essenza stessa dell essere;da quella fonte qualunque linguaggio si usi sarà quello comune ad ognuno e a tutti; ed è per questo che la creazione artistica, nata nei luoghi dello spirito e delle sincerità del cuore, può essere il veicolo privilegiato di universalità. Creare disporre della facilità all uso dei linguaggi dell arte,è un privilegio dal prezzo spesso alto e faticoso; a radianze luminose si alternano le notti del dubbio, del dolore o dell estasi del silenzio;c ome un alchimista indefesso e solitario nel suo labor-oratorio del cuore della mente, delle mani, I artista vive il gaudio della gravidanza e del parto, ma anche le tentazioni della fuga, o dell aborto di una creazione in fieri; sente la certezza del suo operare come servizio agli altri, ma anche la coscienza della sua fragilità, la inadeguatezza ; si alternano in lui esaltazione e senso d i inutilità; certezze e dubbi sulla “utilità, sul senso, sul valore della strada che ha .scelto. Le uniche utili ancelle che possano sostenerlo sono l umiltà e la parola di un maestro vero,sempre che si abbia avuto per/dono di incontrarlo. E, a conclusione di questa riflessione sull arte come dono e fonte di pace, accogliamo come un vero grande dono i versi di Marìo Luzi sulla catastrofe terroristica; li vivremo come “arma consapevole di pace” , come per/dono verso gli operatori di distruzione, con i quali noi tutti, più o meno consapevolmente, a volte ci mescoliamo. “Dimettete la vostra alterigia sorelle di opulenza gemelle di dominanza, cessate di torreggiare nel lutto e nel compianto dopo il crollo e la voragine, dopo lo scempio. Vi ha una fede sanguinosa in un attimo ridotte a niente Sia umile e dolente, non sia furibondo lo strazio dell ecatombe. Si sono mescolati In quella frenesia di morte Dell estremo affronto i sangui, l arabo, l ebreo, il cristiano, l indio E ora vi richiamerà qualcuno ai vostri fasti. Risorgete, risorgete, non più torri, ma steli, gigli di preghiera.

Avvenga per desiderio di pace. Di pace vera

Assisi, 11 settembre 2002

Francesca SPEDICATO

shantij

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