Co… scienza, ma di cosa? Relazione Ing .Giuseppe Calogero

Assisi 2001 L Unità nella diversità INSIEME PER LA PACE NEL TERZO MILLENNIO “Shantimandir -Il Mandir della Pace” Atti del Convegno “Scienza-Evoluzione-Co-Scienza”
Il tema proposto richiede che si esplori il confine tra la scienza e la coscienza, tuttavia, prima d’iniziare una tale ricerca, bisogna chiarire di che cosa si tratta. La Scienza La scienza ricerca la Verità sulle origini ed il funzionamento dell’universo e di tutto ciò che vi esiste, e lo fa analizzando i fenomeni che vi avvengono e cercando di determinare le leggi che li regolano. Questo tuttavia, se è necessario non è ancora sufficiente, perché una legge che descriva un qualsiasi fenomeno, per essere considerata scientificamente valida, deve anche essere verificata dall’esperienza, nel senso che deve essere possibile riprodurre lo stesso fenomeno un numero qualsiasi di volte, ottenendo sempre lo stesso risultato. Questo insegnò Galileo Galilei quando definì il metodo di “ricerca scientifica sperimentale”. La fisica è quel ramo della scienza che studia il comportamento dei corpi materiali, siano essi oggetti visibili ad occhio nudo oppure piccolissime particelle atomiche, la cui esistenza però può essere dimostrata solo con opportune sperimentazioni. In sintesi, la scienza fisica si occupa della materia, la cui esistenza è direttamente verificabile con strumenti che si rifanno sempre ai nostri cinque sensi. In questo senso la materia grezza è considerata una “entità grossolana”. Einstein dimostrò l’esistenza di una perfetta equivalenza tra materia ed energia, dove quest’ultima non è immediatamente visibile come la materia, però la sua esistenza è dimostrabile attraverso gli effetti che essa produce, che si sintetizzano nella sua capacità di generare un qualsiasi “lavoro”, come può essere, ad esempio, lo spostamento nello spazio e nel tempo di un corpo pesante. Sotto questo aspetto, si può definire l’energia una “entità sottile”, perché la sua esistenza non è direttamente percepibile dai sensi, come invece avviene con la materia. In tutto l’universo, si producono continui scambi tra materia ed energia, i quali si traducono in fenomeni incessanti come, ad esempio, è la rotazione della Terra attorno al Sole. Tali fenomeni, però, si svolgono sempre nello spazio e nel tempo, che sono i due inseparabili parametri sempre presenti nelle leggi fisiche che descrivono il moto. Il mistero della vita. L’universo è dunque il luogo dello spazio e del tempo, del continuo movimento, delle trasformazioni tra materia ed energia, ma non è tutto, perché è anche il luogo dove esiste la “vita”, un’entità anch’essa sottile, che però non rispetta le leggi della fisica. Prendiamo in considerazione un qualsiasi essere vivente. Dal momento della sua nascita egli agisce, cresce, si sviluppa, deperisce, ed alla fine muore; a quel punto il suo corpo si decompone, fino a dissolversi nei materiali che lo costituivano. Tutto avviene come se un’entità indefinibile entrasse nel suo corpo al momento della nascita, per poi decidere di andarsene e di lasciarlo morire. Cos’era che lo ha animato alla nascita? Cos’era che poi lo ha lasciato provocando la sua morte? Quest’essere, finché era vivo, si muoveva nello spazio e nel tempo ed il suo corpo rispettava le leggi della fisica, ma in lui c’era qualcos’altro che lo spingeva ad agire, tant’è che quando se n’è andato ha smesso di pensare e di muoversi. Si deve essere trattato, tuttavia, di un’entità ben diversa dall’energia che egli consumava per agire. Noi chiamiamo “vita” quest’entità, ma siamo così abituati a vivere e temiamo tanto la morte, che non ci viene mai in mente di soppesare l’importanza che essa ha nell’universo. La scienza non è stata ancora capace di svelare il segreto della vita, ed è ragionevole credere che non gli riuscirà mai di farlo.Tutto ciò lascia supporre che, oltre all’energia, nell’universo esistono anche altre “entità sottili”, la cui esistenza non può essere dimostrata in alcun modo con il metodo scientifico, perché esse non sono legate allo spazio ed al tempo, e perciò non producono direttamente fenomeni fisici. Oltre al mondo dei fenomeni, nel quale noi viviamo, n’esisterebbe dunque un altro, dove non ci sono più né lo spazio né il tempo perché tutto vi è “immobile”. Spazio e tempo, infatti, sono i parametri del moto, che si riducono ad inutili concetti lì dove esiste la totale immobilità. Lo chiameremo “mondo metafisico”, per distinguerlo da quello “fisico” il quale, peraltro, è certamente finito, come ci ricorda lo stesso universo, che sta certamente andando da qualche parte dove non è arrivato ancora, giacché la stessa scienza ha stabilito che è in continua espansione. Chi abita il mondo metafisico, invece, non ha bisogno di muoversi, ed in altri termini ciò significa che egli l’occupa interamente, fino a pervaderlo in ogni suo più piccolo immaginabile recesso, in una parola fino allo “infinito”. Per questo, chi abita questo mondo deve essere anche lui, necessariamente, “infinito” e perciò sarà anche “unico”, perché non possono esistere contemporaneamente due infinità senza che siano inevitabilmente sovrapposte e quindi coincidenti. L’infinito, peraltro, non ha un’origine, perché ogni suo possibile principio vi è già contenuto, in altri termini esso è anche l’origine di se stesso. Questo significa che l’infinito è anche “assoluto” nel senso che non ha bisogno di una causa per esistere, ossia che esso esiste in sé e per sé. Ricapitolando le considerazioni fin qui fatte, l’abitatore di questo mondo metafisico è unico, ma anche indipendente dallo spazio e dal tempo, infinito, immobile, onnipervadente ed assoluto. Si può senz’altro affermare che, un po’ per volta, si sta formando il concetto di un essere che è sicuramente superiore a quello che sarebbe consentito alla nostra immaginazione, anche se questa ricorresse alle migliori conoscenze empiriche. Di chi mai si tratterà? E’ ormai chiaro che per saperne di più, non si può far uso soltanto dei sensi, che sanno percepire solo le realtà del mondo fisico, tuttavia si percepisce che quest’unico abitante del mondo metafisico esiste davvero, ma cosa fare per conoscerlo? La coscienza. E’ qui che interviene la “coscienza”, ma anche in questo caso è necessario chiarire di che cosa si tratta, prima di tentare una risposta per il quesito appena posto. Una prima definizione, usata nel linguaggio comune, la fa corrispondere alla valutazione che ciascuno compie circa le proprie azioni, usando la misura della morale corrente. Una seconda definizione le dà il significato di consapevolezza, intesa come capacità di avvertire, capire, valutare e giudicare le situazioni che ciascuno incontra nella vita. La migliore definizione, perché nella sua accezione è la più ampia possibile, afferma invece che la coscienza è la consapevolezza di esistere. Nelle due prime definizioni, è chiaro che il concetto di coscienza è riferito ad un “essere umano sveglio” ma la terza, invece, lascia spazio a più ampie interpretazioni, perciò si cercherà di approfondire le conoscenze sulla consapevolezza di esistere. L’essere umano sveglio non ha alcun bisogno che qualcuno dall’esterno gli confermi la sua esistenza, perché egli n’è già consapevole con i propri mezzi, anche per il solo fatto di pensare ed agire. Per primo Cartesio si accorse del rapporto esistente tra pensiero ed esistenza e lo sintetizzò nel suo famoso aforisma: “cogito ergo sum” il quale, tuttavia, sarebbe stato meglio posto se avesse invertito i suoi termini: “sum ergo cogito”, perché l’atto del pensare non esiste in sé, ma è certo conseguente all’esistenza di chi pensa. Le nuove domande che sorgono sono: chi è che esiste? Chi è che pensa? In altre parole, si vorrebbe sapere chi è il “soggetto” dell’atto di esistere, insomma, qual è la “vera essenza” dell’essere umano? Gli stati di coscienza. Con l’allocuzione “essere umano sveglio” solitamente s’intende chi “non dorme”, tuttavia, anche nel sonno si è vivi e si esiste, perciò l’essere umano deve essere cosciente di esistere anche mentre dorme. Noi siamo abituati a pensare che il sonno sia solo un evento fisiologico, che serve per riposare il corpo dalle fatiche della giornata appena trascorsa nella veglia quotidiana, ma non è così, proprio perché la sua esistenza ci consente di capire che si può essere vivi in due modi diversi: uno che ci vede vigili, ed un altro nel quale dormiamo. Il primo stato, vede il corpo attivo, con i suoi cinque sensi protesi a ricevere gli stimoli dall’ambiente, e con un’attività interiore che è mossa da quegli stessi stimoli ed è fatta di pensieri, il cui scopo è di riconoscere la loro causa. La presenza dei pensieri è solitamente attribuita ad una nostra “funzione interna”, da noi immaginata ma in realtà inesistente, che è chiamata “mente”. Il secondo stato, invece, si svolge con il corpo a riposo ed immoto, e con i sensi inattivi. E’ ovvio che, giacché si esiste in entrambi questi stati, si debba anche esserne sempre consapevoli, ossia si debba avere “coscienza” di esistere in ciascuno di questi due modi di svolgere la nostra esistenza, che perciò rappresentano gli “stati di coscienza” possibili per l’essere umano. Nel primo stato, detto vigile, il soggetto attivo è l’Ego, ossia l’Io che è consapevole d’essere sveglio; vi funziona la mente detta “conscia” ed essa, con i suoi pensieri, mette in moto l’intelletto, che sviluppa ragionamenti e fa prendere all’Ego continue decisioni, che si traducono in azioni che si svolgono nel mondo fisico. Il secondo stato di coscienza, detto del sonno, si presenta ancora con due aspetti, che però si presentano molto diversi l’uno dall’altro. Nel primo aspetto, detto del “sonno leggero con sogni”, si vive in un mondo onirico, con la mente che funziona e che perciò è ricca di pensieri che attivano l’intelletto, proprio come nello stato vigile. Lo spazio/tempo esiste anche nel sogno, solo che al risveglio può apparire deformato, perché non vi esistono i vincoli fisici che limitano nella veglia i gradi di libertà del corpo fisico, che ora è del tutto immobile. Nei sogni i sensi del corpo umano sono fermi, perciò gli stimoli per attivare l’intelletto e prendere le decisioni riguardanti le azioni oniriche, provengono da una memoria d’enorme capacità, nota come psiche, che raccoglie tutte le esperienze e le tendenze innate di un essere umano. A parte queste differenze, nel sogno tutto avviene come nello stato di veglia, solo che ora il corpo umano è inattivo, mentre il suo soggetto attivo non è più l’Ego, ma l’Io inconscio, e la mente attiva è quella nota come “subconscia”. Ai nostri fini, tesi a determinare qual è la “vera natura dell’essere umano”, questo stato non è poi molto diverso da quello chiamato “vigile”, perciò non farà parte di queste considerazioni. Nel secondo aspetto, detto del “sonno profondo senza sogni”, si vive in uno stato che si presenta in una forma comatosa, (dal greco koma – atos = sonno – profondo) del tutto priva di motilità e di sensibilità, per di più priva di sogni, il che certamente rende la mente vuota d’ogni pensiero. Dell’esistenza di questo stato, peraltro, si è scientificamente certi in ragione delle specifiche onde cerebrali emesse dal cervello, purtroppo, non rimane testimonianza di quanto vi succede perché non se ne conserva alcun ricordo. Per questo la scienza medica ritiene che in questo stato vi sia una totale perdita di coscienza e, in effetti, non c’è nulla che ne manifesti la presenza all’esterno, tuttavia, abbiamo già accertato che l’essere umano sa essere cosciente di esistere tutto da solo, senza la necessità di conferme esterne, perciò dobbiamo ritenere che anche in questa particolare condizione in cui è ancora vitale, debba essere presente la consapevolezza di esistere, e perciò deve anche esserci un soggetto attivo, ma chi può essere mai? Certo, quando si entra nel sonno profondo senza sogni, l’Ego dello stato vigile si dissolve, ma un’altra Entità deve necessariamente sostituirlo. Per saperne qualcosa di più, è necessario capire meglio il funzionamento della nostra mente. La mente. L’entità astratta, che noi chiamiamo “mente”, rinasce ad ogni nuovo giorno, nel momento stesso del nostro risveglio, almeno a noi sembra così quando, appena svegli, ci rendiamo conto che stiamo “pensando”, ossia che numerosi e veloci “pensieri” compaiono dentro di noi in qualche parte del nostro corpo non individuabile, perché la fisiologia umana non ammette l’esistenza di un tale organo interno. Noi siamo, tuttavia, certi che i pensieri esistono, perciò la mente potrebbe essere solo un loro intricato coacervo, che svanirebbe nel nulla se essi venissero a mancare. In tale ipotesi la mente sarebbe solo una nostra invenzione intellettuale, ma potrebbe non essere così e si potrebbe invece immaginare la mente come un semplice “contenitore” di pensieri, ed in questo caso essa esisterebbe sempre, anche in loro assenza, ma come un vaso vuoto. In alcune considerazioni di natura filosofica che hanno riguardato il funzionamento della mente, quest’invisibile contenitore, quando è vuoto, è chiamato “mente pura”, come se l’atto del pensare lo sporcasse con qualcosa. Ciò malgrado, questo vaso sembra essere sempre pronto ad ospitare nuovi pensieri, senza neppure tentare di opporsi a questa silenziosa invasione, anzi mostrando di provarne un sottile piacere. L’immaginario contenitore, che è stato chiamato “mente pura”, si sporca anche se contiene un solo pensiero. Esso si comporta come una sorta di “vaso di vetro” tanto trasparente, che da vuoto non si manifesta alla vista, ma che subito si colora intensamente, e dunque immediatamente appare, non appena un “primo pensiero” entra nel suo “vuoto”. Ciò che esiste veramente è dunque solo il vaso che s’è chiamato mente pura, l’impurità sopravvenendo solo per il suo contenuto. Ritorniamo ora al momento del risveglio partendo dal sonno profondo senza sogni. E’ certo che prima di quell’attimo la mente era ancora pura ma, improvvisamente, vi è entrato un “primo pensiero” ed ha sporcato il vaso. Questo primo pensiero è indubbiamente un privilegiato, perché rappresenta l’immediata consapevolezza di esistere nello stato di veglia. Con altre parole, esso è la “coscienza dell’Io vigile”, in definitiva è il soggetto attivo in questo stato, è l’Ego, ma allo stesso tempo è anche la mente impura e, in estrema sintesi, lo chiameremo “Io pensiero”. Nella sua attività di gestione dei pensieri la mente impura incorre spesso in errate identificazioni delle cause degli stimoli, scambiandone una con un’altra, e ciò è certamente il risultato d’essere troppo contaminata da mille e mille pensieri con il loro inevitabile rumore di fondo. L’errore più grossolano commesso dalla mente impura è di indurre l’Ego a credere d’essere lui la “vera Essenza” dell’uomo, e non basta, perché l’Ego prende anche per scontata l’idea che tale Essenza sia fatta solo di ciò di cui lui ha percezione sensibile, ossia da una mente e da un corpo. Ciò, tuttavia, non può essere, perché l’Ego è il soggetto attivo solo nello stato di veglia, ed è presumibile che nel sonno profondo n’esista un altro, del tutto diverso da lui. Nel processo inverso, ossia quando ci si addormenta e si entra nel sonno profondo, il vaso della mente si svuota completamente, anche dell’Io pensiero, l’Ego svanisce e compare la mente pura, il contenitore perfettamente trasparente. Ora ci dovrà pure esserci un nuovo soggetto attivo che, anche in questo stato, rappresenti l’essere umano addormentato, ma vivo. Così come s’è visto succedere per l’Ego in rapporto alla mente impura, ora quest’Entità coinciderà con la mente pura e sarà anche la coscienza di esistere nello stato di sonno profondo senza sogni. Sorge subito il dubbio se sia concepibile che nello stesso identico corpo umano vivente esistano contemporaneamente due differenti soggetti, uno che è attivo e che lo rappresenta quando è sveglio, l’altro invece che svolge lo stesso ruolo solo quando dorme. Si dovrebbe pensare che si tratti di due personalità diverse, che però non sono mai attive allo stesso tempo, tanto da non avere mai modo di conoscersi. E’ allora più ragionevole pensare che i due soggetti, che sembrano essere attivi negli stati di coscienza fin qui esaminati, siano solo diverse manifestazioni di un identico “substrato”, che rappresenta il vero ed unico soggetto esistente in quel corpo, indipendentemente dallo stato di coscienza in cui ci si trova, in altre parole che sia questa l’unica e vera “Essenza dell’essere umano”. D’altra parte, nel sonno profondo non esistono più pensieri e, poiché questi sono anche l’origine di tutti i desideri che compaiono nel corso della veglia, si deduce che quando si dorme non si desidera più nulla. Ciò, tuttavia è possibile solo quando si ha già tutto, e perciò in questo stato si dovrebbe essere immensamente felici, perché non si ha più bisogno di nulla; ma questa condizione di felicità non può essere altro che la “beatitudine eterna”, propria della Divinità assoluta. La Vera Essenza dell’essere umano. Sarebbe dunque ragionevole riconoscere che la “Vera Essenza dell’essere umano” non è altro che la stessa Divinità Assoluta, che si manifesta nel suo corpo grossolano nella forma sottile di “Anima”. Questa è anche l’Atman descritto dai Veda, le antiche dottrine indiane, ed il Sé superiore descritto dalla moderna psicologia, che finalmente sembra volersi avventurare nel mondo del superconscio. Quest’Anima è quella che è stata finora chiamata Mente pura, è la Coscienza di esistere come Divinità assoluta, è la forza vitale che pervade il corpo alla nascita e che alla morte lo abbandona. La Vera Essenza dell’essere umano è dunque l’Anima, la mente pura, non il suo Ego, né il corpo mortale o la mente impura. E’ di questa meravigliosa Verità che tutti gli esseri umani dovrebbero essere coscienti, e non v’è dubbio che, chi prima chi dopo, essi lo saranno tutti.

Giuseppe Calogero è un ingegnere elettromeccanico napoletano che vive e lavora a Milano, si è formato alla cultura tecnica e scientifica sia con gli studi sia con la professione sempre proiettata nelle tecnologie del prossimo futuro. La cultura spirituale e filosofica gli viene dalla sua curiosità intellettuale e dall’interesse per i significati nascosti nella sfera trascendente della metafisica. Un incontro decisivo quanto imprevisto: quello con il maestro spirituale indiano Sri Sathya Sai Baba ha dissipato ogni suo dubbio e ha risolto interrogativi esistenziali che lo assillavano da sempre.

shantij

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